domenica 26 settembre 2010

quella brava signora che sta ad Hong Kong

Mi dicono che il post precedente era un po' criptico, per cui vado qui a spiegarmi meglio.

Dunque, gli ebrei americani, particolarmente i ggiovani, sono stufi di Israele e delle sue politiche nazionaliste e razziste, che li mettono in crescente imbarazzo con i loro amici liberal e di sinistra. Si chiedono perche' tanto odio? perche' tanta violenza? e insomma Israele non e' piu' tanto importante per loro, quindi tra poco smetteranno di sostenerla economicamente, e anzi in molti cominciano a capire che di uno Stato ebraico non c'e' alcun bisogno, che si sta cosi' bene lontani dal nazionalismo. Quindi i piu' intelligenti, motivati da nobile idealismo, hanno fondato questa lobby, J Street appunto, che ha avuto subito un grande successo, e in tanti hanno messo mano al portafoglio per sostenerla.

Per conoscere meglio J Street usate google, li trovate al primo posto e entrate pure nel sito. Una impressionante gamma di attivita', ed una martellante presenza mediatica. J Street si propone di fare pressioni sui parlamentari americani in modo che Israele possa essere messo di fronte alle proprie responsabilita' morali ebraiche liberal e democratiche. Che si ritiri al piu' presto dalla West Bank, perche' significa occupare immoralmente un altro popolo. Che accetti di dividere Gerusalemme e di farne la capitale mondiale delle religioni, perche' cosa ce ne facciamo di Gerusalemme. Che rinunci alla atomica perche' cosi' tutti saremo piu' buoni.

Siccome i ggiiovani americani ebrei (ma anche qualcuno non ebreo, anzi diciamo pure qualcuno palestinese) sono tutti di buone speranze e buoni ideali, non c'e' mica da stupirsi se in cosi' tanti sono accorsi a finanziare generosamente J Street, che infatti ha un bilancio cospicuo, e come tale puo' aprire sedi, acquistare spazi pubblicitari in cui spiega quali sono i cattivi: il governo di Israele, la destra repubblicana, gli evangelici e quei politici democratici che non la pensano come loro.

E inoltre io avrei un Colosseo da vendere. Interessa?

Perche' insomma, Jeremy Ben Ami, che di J Street e' il boss, si e' trovato a dover ammettere che un sostenitore di J Street e' un multimiliardario dalle idee perlomeno discutibili in fatto di ebraismo, e che non puo' essere certo definito pro-Israele, dal momento che ritiene che l'antisemitismo sia colpa degli ebrei stessi. Nota: gia' in campagna elettorale, Obama ha preso le distanze dalle fregnacce di Soros. La debacle di J Street arriva dopo una esibizione di mirror climbing che restera' nei libri di storia delle pubbliche relazioni come esempio da non seguire. Aperta con una sezione "miti e leggende su di noi" che si puo' leggere sul loro sito, dove sta(va) scritto che Soros non ha alcun legame con J Street. E poi seguita da contorsioni del tipo: noi non lo avevamo mai nascosto, cioe' lui pubblicamente ha detto che ci avrebbe pagati se la cosa funzionava, perche' dopotutto andiamo d'accordo. E comunque sono solo la bellezza di 250.000 dollari all'anno. Tutto qui, ecco. Moltiplicato per tre fa 750.000. Non poco, eh?

Gia'. Il resto del bilancio di J Street, la bellezza di 800.000 dollari, viene da una signora filippina che vive ad Hong Kong, ha passaporto cinese, e si chiama Consolacion Est-In-Cul, o qualcosa del genere. Non ha mai manifestato alcun interesse per il mondo ebraico o per Israele, e' sconosciuta ai media arabi, e non risulta avere altre attivita' economiche, a parte una compartecipazione in una azienda che si occupa di scommesse.

O meglio: un suo amico e' un tizio, amico di Soros, che dice di aver fatto un sacco di soldi scommettendo sui cavalli. Oltre al Colosseo, io vi vendo anche la Fontana di Trevi. Un affare. Ma solo se siete ggiovani liberal ed idealisti, come quelli che hanno sostenuto J Street fino ad adesso.

In ogni caso per J Street sara' un po' difficile provare che non ricevono donazioni dall'estero. E quindi dovranno pagare le tasse anche loro, come fanno tutte le  lobby.

Tanto per cominciare.

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