sabato 20 agosto 2011

parliamo di sesso

Dai, la avete sentita tutti. Per una versione particolarmente ottusa, andate a leggervi quel bijoux che e’ il blog di Benedetta Cordaro[1]. La concezione ebraica della sessualita’ (come quella islamica) sarebbe un inutile e intricato insieme di regole, che fa sentire le donne fondamentalmente impure e sporche. Infatti Gesu’, nei Vangeli, e’ il grande liberatore delle donne, le tocca e le sfiora e le riscatta da questa condizione di oppressione cui le costringerebbe quella superstizione patriarcale che va sotto il nome di ebraismo. Ida Magli ha ricamato su questa faccenda con uno di quei libri che da solo è una offesa al buon senso - ed un peana alla Vergine Maria. La concezione cattolica della sessualita’ sarebbe piu’ semplice e naturale: dopo il matrimonio via con il divertimento e bando a tutte quelle nevrosi sul sangue mestruale.

Tanto per cominciare. La concezione cattolica della sessualita’ ruota intorno a peccato e grazia. Se hai rapporti fuori dal matrimonio sei in stato di peccato. E cioe’ sei impuro, o piu’ spesso impura, tale e quale una donna ebrea che ha avuto rapporti sessuali durante quei giorni. Con la differenza che la donna ebrea si reca in un luogo appartato, si immerge, ne esce e sono affari suoi (via con il divertimento, appunto), laddove la donna cattolica deve raccontare quel che ha combinato per filo e per segno ad un uomo maschio e celibe. Il quale ha il potere di farla sentire in peccato, o colpevole. A me sembra che liberarsi della impurita’ ebraica sia molto meno nevrotizzante, ma non so praticamente nulla della pratica cattolica – sono solo stufo di leggere scemenze offensive sulla mia, di pratica.

E per cui, si’, le norme ebraiche relative al mestruo (e emissioni seminali) sono intricate e complicate, ed espresse in maniera paradossale del tipo: sono impuro se ho una emissione mentre dormivo su una sella di cavallo? Tizio dice che no Caio dice che si', Sempronio spiega che in realta’ Tizio diceva si' ma, Caio pero’ mi dicono abbia detto che anche no come pure si’, non ti pare una contraddizione? mi pare che il padre di Tizietto stesse dicendo che no, pertanto credo che Tizio intendesse si’, Tizio? No, era Sempronio. Non lui, il nipote – che inoltre non ha mai dormito su selle di cavallo, ma solo di asino. Ecc. Ecc. Vero, e’ un casino (piu’ sotto ve ne fornisco qualche esempio). Ed e’ opportuno che sia un casino.

Perche’, la sessualita’ umana e’ una cosa incasinata ed ognuno di noi e’ una persona diversa dal resto del mondo. E studiando quei testi complicati e paradossali ogni coppia si crea la propria morale sessuale. Anche se, a voler prooooprio semplificare, sei OK se hai rapporti per ventuno giorni su ventotto, che mi sembra ci sia alquanto da divertirsi. Fermo restando che nell’ebraismo non esiste proprio che vai all’inferno se hai accumulato troppi peccati di quel genere. Invece la vita di divorziati e separati – di quelli cioe’ che hanno una vita sessuale al di fuori del matrimonio- in Italia, un Paese cattolico, e’ poco meno che un inferno in terra, tra lungaggini legali, avvocati che sfruttano le rivalita’ tra gli ex coniugi e sensi di colpa che non lasciano la camera da letto [“che esempio sto dando a mia figlia – mi guardera’ come una donnaccia impura”]

La Sacra Rota, dite? Per quel che ne so io, la Sacra Rota non ti dice “questa fase della vostra vita insieme e’ conclusa” ma ti dice “il matrimonio tra voi due non e’ mai esistito, lo spostiamo da questo mondo a qualche realta’ parallela e tante grazie per la donazione”. Perche’? Perche’ nella famosa morale sessuale cattolica, quella che dopo il matrimonio sei libera di fare tutto quel che ti pare, in tutta la tua vita puoi essere sposata – o sposato- solo ad un unica persona. Se con quella persona non funziona sessualmente, tu con quella persona ci rimani, e se vuoi staccartene devi inventare che il giorno che hai detto si’ non ne eri poi tanto convinta. Dopo di che il tuo matrimoniio non esiste piu’ e tu, sgualdrina che non sei altro, puoi sollazzarti con quello nuovo che ti sei trovata. Non sara’ la stessa cosa, perche’ non sei piu’ vergine.


Il prima e il dopo [2]

"Dopo il matrimonio puoi fare quel che vuoi". Certo - e fermo restando che la procreazione e’ lo scopo. Ma prima del matrimonio, se sei femmina, non hai alcuna possibilita’ di sperimentare, ne’ da soli [se ti masturbi e’ peccato], ne’ con il ragazzino coetaneo – perche’ altrimenti diventi una puttana. La brava ragazza, la ragazza matura e giudiziosa, e’ quella che rinuncia ad avere una vita sessuale in attesa del famoso abito bianco – le altre sono troie. O maschiacci. Comunque impure (suona familiare?).

Perche’ in linea teorica il ragazzino maschio vive lo stesso genere di imposizioni, ma nessuno si aspetta da lui che si conformi alla Vergine Maria, il suo corpo proprio non lo permette [e qui metteteci tutte le battute sul mestiere di Giuseppe, era falegname, no?]. Come e’, come non e’, appoggiati dal gruppo dei pari, i ragazzi cattolici si fanno le loro brave esperienze prima del matrimonio con le “puttane”; dove sono cresciuto io, in Padania, erano per solito meridionali, figlie di immigrati – outsiders. Laddove ci si aspetta che la fanciulla si conformi, se non alla Madonna almeno a sua mamma. La cui vita sessuale, se la ha (per una ragazzina e’ difficile immaginarlo) e’ limitata al tempo che viene dopo la prima notte di nozze, quando si e’ levata l’abito bianco.

Nota che questa faccenda del sesso fuori dal matrimonio che sarebbe peccato, si verifica anche in versione light, del genere te la do’ ma solo se mi ami, e dimmi che mi ami, che sono l’unica e la prima e l’ultima. La ragazzina in questione, cresciuta in rapporto simbiotico con la madre da compiacere (mentre il ragazzino faceva le sue esperienze) , non vuole sentirsi dire “ti amo”, anche se e' quello che chiede. Vuole sapere chi e’ –perche’ e’ nell’adolescenza che costruisce la propria identita’. “Dimmi: Ti amo” significa esattamente: “dimmi che sono la piu’ brava ragazza del mondo – come lo sono, o lo vorrei essere, per mia madre”. E la fanciulla si trova a ricreare lo stesso genere di rapporto simbiotico, da madre- con la persona con la quale sta tra le lenzuola. Quando ci si fa portare e se ci si fa portare: perche’ il sesso non e’ qualcosa da sperimentare insieme, ma qualcosa da usare per tenere l’uomo vicino, con cui ristabilire ogni volta la stessa condizione fusionale. L’unico tipo di affettivita’ che ha conosciuto la ragazzina –incapace di dividere sesso ed amore, perche’ sperimentare le e’ stato proibito. Aspirando alla fusione, nel sesso ci si perde: e guai a rompere l’atmosfera per mettere un preservativo, quella e’ roba da puttane.

Quanto e se la donna sposata -in versione light o in versione madre- possa prendere l’iniziativa a letto, scusate, ma proprio non lo so. Dopo una adolescenza in cui sperimentare con la mente e con il corpo equivaleva a diventare impure – e doverlo confessare a un uomo, tendo a credere che la morale cattolica non sia esattamente incoraggiante.

Nel mondo ebraico, anche tra gli iper-osservanti, fondamentalisti e retrivi, la donna puo’ chiedere il divorzio la terza volta che il marito tira fuori la storia del mal di testa. E tra chi e’ meno osservante, per lo meno in Israele, il servizio militare femminile funziona, diciamo, da disinibente. Ripeto che non ho alcuna voglia di fare la gara a chi ha la sessualita’ piu’ lunga, e state pure sicuri che anche nell’ebraismo c’e’ molto da fare per riequilibrare la bilancia nel rapporto tra i sessi, ma ho la sensazione che noi ebrei partiamo in qualche modo avvantaggiati. Perche’ da noi c’e’ il divorzio. O meglio, lo abbiamo mantenuto.


E adesso dibattito [3]

Facciamo infatti un passo indietro. Non so se a molti cattolici faccia piacere ricordarlo, ma Gesu’ e' vissuto in un contesto ebraico. Polemizza con i Farisei –cioe’ con i Rabbi- per esempio nel vangelo di Marco 10:7, che gli dicono: “Mose’ permette al marito di scrivere un libello di ripudio e di divorziare dalla moglie”. E lui risponde: “Lo ha stabilito solo perche’ voi avete il cuore cattivo”. Non sta dicendo che tutti gli ebrei sono duri di cuore (come probabilmente pensa Benedetta, dopo il suo giro di verifica in Israele) ma fa riferimento a un dibattito in corso, che e’ durato per diversi secoli, attestato dalle fonti ebraiche. Andiamo quindi a vedere questo dibattito. Vi avviso che le fonti sono, appunto, incasinate. Ricostruiscono dibattiti durati diversi secoli, il cui scopo principale era stabilire come applicare la Torah in situazioni che nella Torah non sono previste.

Chiarisco subito che nell’ebraismo il divorzio c’e’, e funziona esattamente come dicono i Farisei nel racconto di Marco: l’uomo, e solo l’uomo, scrive un documento di ripudio, la donna lo accetta e la vita di coppia si conclude. Tale documento puo’ essere scritto anche dopo il fidanzamento e prima del matrimonio vero e proprio. Naturalmente ci sono modi per costringere il marito a scrivere quel documento, e la moglie puo’ sempre rifiutarsi di accettarlo, ma la regola rimane quella. E d’altronde, nel celebre passaggio, Gesu’ non sta certo dando alle donne lo stesso potere che hanno gli uomini. Non stava infatti saltellando tra i campi della Galilea ad elargire perle di saggezza ispirata, ma partecipava ai dibattiti del tempo, che ruotavano per la maggior parte appunto intorno al modo di applicare la Torah.

Dunque, il Talmud Yerushalmi (Yevamot 13:1) riporta un dibattito tra la scuola di Shammai e la scuola di Hillel sul seguente caso. Poniamo che una fanciulla sia orfana di padre, e la madre abbia arrangiato un matrimonio. La madre non ha la stessa autorita’ del padre: la fanciulla puo’ rifiutare il matrimonio. Ma puo’ rifiutare dopo il fidanzamento –come sostiene la scuola di Shammai- oppure anche dopo il matrimonio vero e proprio – come sostiene la scuola di Hillel? La quale scuola sostiene che, se arrangiato in quel modo, il matrimonio non era un vero matrimonio, pertanto non c’e’ bisogno di annullarlo. Laddove Shammai dice che dopo il fidanzamento si deve annullare, perche’ se lasciamo passare la prima notte di nozze, e poi annulliamo il matrimonio, risulta che i due sono impuri.

Nel Talmud Bavli (Gittin 81a) le due scuole discutono un altro caso. E cioe’ che una coppia divorziata si trova a passare la notte assieme in una locanda in presenza di testimoni. Si parla di una coppia che ha divorziato dopo il fidanzamento e prima del matrimonio vero e proprio. Ci vuole un altro divorzio? Shammai dice di no – perche’ uomini dal cuore cattivo potrebbero dedurne che e’ possibile scoparsi la ex fidanzata (tanto al mattino la divorzio, e pace). Hillel dice di si’ perche’ ritiene che se due si appartano in presenza di testimoni ci puo’ essere sospetto che qualcosa fosse successo, e la signora va liberata del sospetto. Con quei personaggi dal cuore cattivo che ci sono in giro. Prego per inciso di notare che la assenza di testimoni permette agli ex fidanzati di sperimentare –assai poco cattolicamente- quanto loro pare, e su questo sono d’accordo sia Hillel che Shammai.

Aha. Allora, come notato da generazioni successive, c’e’ qualcosa di incoerente nella posizione della scuola di Shammai. La fanciulla orfana di padre che non ha passato la notte con il marito, e’ un caso che richiede un divorzio, e invece la ex fidanzata che ha passato la notte con l’ex marito –cioe’ due single- si svegliano al mattino e non sono sposati? Niente divorzio, anche se hanno trombato e cioe’ il matrimonio c’era? La risposta, trovata qualche generazione dopo, quando era gia' Alto Medioevo, e’ che il tizio che voleva fidanzarsi con l’orfana, aveva intenzione di sposarla, quindi il matrimonio c’era, laddove la presenza di testimoni da sola avrebbe dissuaso la coppia di ex fidanzati a folleggiare, sicche’ chiaramente non avevano trombato, sicche’ il matrimonio non c’era. Vi convince? A me si' e no. Ma non e' questo il punto.

Il punto e' che Gesu’ stava discutendo su questa faccenda. Infatti, dopo aver messo a tacere i farisei (cosi’ dice Marco, che prende comunque le parti di Gesu’, vai a sapere se li ha davvero messi a tacere) con il riferimento preciso al dibattito in corso, se ne va (10:10) nella casa di studio, dove questi dibattiti si tenevano, e rincara la dose. “Chiunque divorzia e si risposa fa sempre adulterio, sia se e’ il marito che divorzia la moglie e poi si risposa, sia se e’ la moglie (orfana di padre, abbiamo appreso sopra) che si risposa con un altro”. Era poi cosi’ nuova la posizione di Gesu’? No. Perche’ nella discussione sull’orfana Rabbi Lazar, cercando di dare ragione alla scuola di Shammai, aveva sostenuto che chiunque ha rapporti sessuali con una donna senza intenzione di sposarla, commette comunque adulterio. La posizione di Rabbi Lazar non e’ diventata maggioritaria ed e’ stata anzi fatta propria solo dai seguaci di Gesu’, che non e’ riuscito a convincere gli altri ebrei. Difatti nello stesso paragrafo di Marco vediamo Gesu’ citare Genesi 2:24 – “E i due (maschio e femmina) diventeranno una sola carne”. Che e’ lo stesso passaggio citato da Paolo in 1 Corinti 6:16 per dire che anche se uno si è unito ad una prostituta per una volta sola, deve considerarsi sposato con lei, cioe’ non ci deve essere divorzio.

Una prostituta? Wow. Nel Talmud Yerushalmi (Kiddushn 1:1) Rabbi Lazar –ma guarda chi si rivede- si chiede se una coppia di non ebrei sia autorizzata a divorziare oppure no; se c’e’ stato un rapporto sessuale, lui dice, chiaramente la cosa e’ difficile. Al che Rabbi Yonah gli fa precisamente il caso della prostituta, e Rabbi Lazar insiste dicendo che anche se si tratta di prostituta e cliente, se c’e’ sesso sono da considerare sposati. Che probabilmente i seguaci di Gesu’ sarebbero stati d’accordo, anche e soprattutto quelli di loro che erano ebrei e che già sapevano che questa era la Legge per i non ebrei. E la storia della prostituta, con annessa citazione da Genesi 2 (la stessa di Gesu’ e Paolo) si trova in una altro testo rabbinico, il Bereshit Rabbah (18:5), durante una lunga discussione su se e quando un non ebreo possa divorziare.

Insomma, la natura delle fonti ebraiche e’ quella che e’. L’intervento dei redattori e’ pesante, all’origine di tutto c’e’ del materiale orale, che per venire memorizzato veniva scritto in maniera ellittica. Ed anche creando delle opposizioni artificiali, come probabilmente quella tra Hillel e Shammay, per facilitare la memorizzazione. E’ un esercizio sterile cercare di datare i detti di questo o di quel rabbino, e puo’ darsi benissimo che, mentre i cristiani sviluppavano la propria dottrina, tracce del dibattito finissero dentro le fonti ebraiche che ho riassunto sopra. Quello che e’ certo e’ che in quell’angolo di Medio Oriente si e’ formato un modo di pensare la sessualita’ che ha bandito il divorzio e ha finito per organizzarsi attorno alla opposizione tra peccato e grazia. Categorie che per l’ebraismo erano all’epoca marginali, ed adesso completamente estranee.

[1] mi informano che il blog privato ed intimista di Benedetta non esiste piu'. Pare lo abbia chiuso dopo la serie di post che le ho dedicato. Pero' nel suo blog pubblico e magniloquente ha aperto una sezione dedicata a "pregiudizi ed antisemitismo".
[2] questa parte si deve alla lettura di Nancy Friday.
[3] questa parte si deve ad uno shiur di Reb Shmuel Levis.

mercoledì 17 agosto 2011

Lo strano fenomeno degli Schivone Jews

La storia la hanno gia’ raccontata Angelo Pezzana e Werner Cohn decisamente meglio di come possa fare io. Riassumo. Gabriel M.Schivone e’ un attivista americano di una organizzazione che si definisce ebraica. Per mesi ha imperversato in Internet dicendo che era proprio il suo ebraismo a ispirare la sua attivita’ politica.  Della quale, ma questo e’ un problema minore, non si capisce quale sia l’obiettivo. La fine del blocco marittimo di Gaza - ma solo dalla parte israeliana? La fine dell’occupazione della West Bank cioe’ il trasferimento in luogo da definirsi di tutti gli ebrei che vi vivono ? La distruzione di Israele e la sua sostituzione con uno Stato in cui gli ebrei siano ridotti a minoranza, preferibilmente disarmata?

E chi lo sa. Schivone, da buon attivista pro-Palestina, poco si interessa del destino degli ebrei di quelli che risiedono nella sua amata Palestina, come di quelli che vivono altrove . Pero’ racconta al mondo intero che ci sarebbero decine, centinaia, ma che dico decine di migliaia, milioni, di ebrei come lui, che non ne possono piu’ di essere associati alla politica criminale di Israele, che va avanti da quaranta anni, o dall’occupazione, che va avanti dalla Dichiarazione Balfour. Ci sono, sono belli, sono tanti e sono idealisti, ma una elite radical-chic, anzi neocon, anzi abberlusconiana, impedisce di esprimere le loro moderate e ragionevoli parole d’ordine.

C’e’ un solo problema. Quando lo show andava in onda gia’ da tempo, un paio di giornalisti hanno scoperto che Schivone non e’ ebreo. Non ha genitori ebrei, ne’ padre ne’ madre, non ha alcuna origine ebraica (nemmeno i nonni), non ha avuto una educazione ebraica, non ha mai studiato nulla di ebraismo, men che meno per affrontare uno dei tanti percorsi di conversione che sinagoghe di ogni denominazione mettono a disposizione di chi vuole diventare ebreo; ce ne sono, di questi pazzi, e sembra che siano pure in aumento. Ma Schivone non e’ uno di loro. E’ solo uno che, come riconoscono mestamente alcuni degli attivisti del suo stesso campo, sperava di aggiungere valore etico alle sue posizioni legandole all’ebraismo – ad un ebraismo immaginato, di cui si era autonominato portavoce e di cui aveva inventato schiere di sostenitori.

E non e’ nemmeno un caso isolato. Come ricordano Pezzana e Cohn, non molto tempo fa, i media europei hanno propinato la storia di Edith Lutz, una sedicente ebrea tedesca che si stava imbarcando sulla flottilla diretta a Gaza, per soccorrere i palestinesi. I quali a sentire lei sono sottoposti a massacro sterminio e gassazione piu’ forni crematori, esattamente come succedeva tanto tempo fa agli ebrei d’Europa, che stavolta sono colpevoli di colonialismo genocida e sterminatore. Ed anche in quel caso, era una balla. La signora non aveva alcuna parentela ebraica alle spalle e nessuna cultura ebraica al suo attivo. E ovviamente nessuna conversione, e nessuno studio. Figuratevi se una persona dal senso morale cosi’ alto si abbassa a conoscere da vicino quelli a cui vuole tenere lezioni. Dagli ebrei non c’e’ nulla da imparare, vanno solo educati in nome del bene della comune umanita’.

Come ho scritto sopra, qualcuno, nel campo di Schivone, ci e’ rimasto male. Qualcun altro continua a difenderlo. Per esempio qui potete leggere un interessante saggio di arrampicata libera sugli specchi. Ho l’impressione che questi bloggatori facciano fatica a metabolizzare il fatto di aver creduto a delle balle, ed anzi farneticano che “in America” percorsi come quello di Schivone sarebbero anzi molto comuni e riconosciuti ed approvati da molte correnti dell’ebraismo americano. Quali correnti, non si sa. Io ho lavorato nel mondo ebraico americano e non ho mai sentito parlare di correnti che accetterebbero e legittimerebbero imposture di quel tipo.


Un pisello virtuale

Fino a qui, i fatti – fino ad oggi. Da qui in poi le mie riflessioni sull’argomento. Siamo evidentemente in presenza di gente che ritiene che un pisello (falsamente) circonciso possa conferire chissa’ quale autorevolezza alle poche idee elaborate dal cervello del latore di cotale pisello - falsamente circonciso. E non so se avete notato, tra gli attivisti contro la circoncisione c’e’ –ma guarda che strano- una alta percentuale di gente che si batte contro la cosiddetta occupazione. In che modo i palestinesi possano beneficiare dalla proibizione di circoncidere minori negli ospedali americani ed inglesi e’ una faccenda che mi sfugge, ma ci deve essere una qualche mistica assonanza. Ci si batte per la Terra Santa, dopotutto.

Evidentemente una lunga consuetudine con le frottole della propaganda araba rende estremamente vulnerabili a credere a qualsiasi balla, anche quelle spacciate dai Gabriel Schivone. O la convinzione di essere comunque dalla parte giusta (ci si sta battendo per la santificazione della Terra Santa, ricordate) male si adatta alla consapevolezza che anche nel proprio campo politico, come in ogni parte del mondo, ci sia una fisiologica percentuale di truffatori e sicofanti.

Probabilmente l’effetto mediatico dell’ “ebreo che critica Israele” sta tutto nella legge dell’uomo che morde cane – e’ raro, quindi e’ una notizia. In realta’ non e’ affatto raro, e basta leggere la stampa ebraica per trovare critiche di ogni tipo ad Israele. Ma per chi non la segue da vicino (cioe’ per il 99,9% dei lettori dei quotidiani), l’ebreo che critica Israele e’ un fenomeno raro, sicche’ e’ facile avere spazio sui media. La cialtrona tedesca aveva contato esattamente su questo effetto, e difatti la sua pirotecnica fila di fesserie ha avuto spazio sui media, rendendo ancora piu’ rovinosa la sua caduta.

Ci sta anche che la fortuna di personaggi come Schivone derivi dalla cronica coda di paglia dei sostenitori della pulizia etnica di Israele. Loro vorrebbero vedere Israele privo della odiata maggioranza ebraica e pero’ hanno (vai un po’ a sapere come mai) una terribile paura di venire etichettati come antisemiti. Schivone, quindi, si offre in modo da poter essere l’ebreo da vetrina, in modo che chi sostiene certe posizioni possa dire di avere un amico ebreo, e pertanto di non essere antisemita.

Per gli ebrei, Israele e’ ragione di orgoglio. Chi visita Israele, e viene a contatto con quella societa’ complicata ed affascinante, difficilmente rimane indifferente.Tant’e’ che esistono organizzazioni che offrono a giovani ebrei, piu’ o meno assimilati (lontani cioe’ dalla vita comunitaria) la possibilita’ di passare un periodo in Israele. La piu’ famosa si chiama Birthright ed e’attiva da decenni. La stragrande maggioranza degli ebrei americani che adesso sono attivi nella vita comunitaria sono passati attaraverso quella esperienza (essendo Israele una democrazia, organizzazioni arabe e propalestinesi sono libere di fare lo stesso. Ci provano, e non riescono a raccogliere un numero decente di adesioni).

A me, beninteso, e’ successo lo stesso; in Italia Birthright non esiste, sicche’ le prime volte in Israele ci sono andato a mie spese, la prima volta persino in nave, con scalo a Cipro. Visitare Israele mi ha convinto che l’ebraismo non era una parte accidentale della mia identita’, ma anzi un patrimonio spirituale e culturale ricchissimo che valeva la pena esplorare, e l’esplorazione mi ha portato –come sanno i miei tre lettori- ad immigrare. Ma io sono europeo e questa e’ un’altra faccenda. Schivone invece e’ americano. E con la sua frottola pensava di costruire un anti-Birthright.

Ci sono ebrei americani che una visita in Israele ha reso piu’ motivati nel proprio ebraismo? Voila’, ti confeziono la storia del giovane ebreo americano che, grazie alla militanza contro Israele, o pro Palestina, diventa piu’ ebreo, ed anzi piu’ buono [i sionisti sono invece cattivi] ed educato ed universalista [i sionisti invece sono tribali] e comunista [i sionisti invece sono fascisti] e sbroc sbroc. In questo modo centinaia, ma che dico, migliaia, anzi milioni di ebrei americani seguiranno l’esempio ed Israele perdera’ la caratteristica di Stato ebraico, con benefiche conseguenze per la pace nel mondo. Che verra’ certamente quando gli ebrei cesseranno di occupare i luoghi dove e’ nato Gesu’ - amvedi, siamo proprio devotamente ebrei, non vedi come siamo ecumenici?

E ne era tanto sicuro, lo Schivone, che questi milioni di ebrei se li e’ pure inventati. Rumoreggiava: “Signori leader dell’ebraismo americano, che ci costringete a appoggiare un governo omicida e genocida sbroc sbroc, guardate che la mia mailing list conta piu’ di centomila destinatari” (tra i quali ci sono anche io, e decine di altra gente interessata come me al genere demenziale o semplicemente a quel che di ebraico succede in rete). Al fondo di tutto ci stava una balla, quella di essere ebreo e quindi non-rappresentato da leader ebraici. E la caduta e’ stata rovinosa e gustosa. Molto piu’ divertente, se volete la mia opinione, della Fiamma Nirenstein che ha scoperto che nel suo partito c’erano degli antisemiti impenitenti.


Due consigli agli Opliti del Bene

In realta’ agli Opliti del Bene [cit. Yossarian] in versione “partiamo per la liberazione della Terra Santa” sfuggono due punti elementari che mi pregero’ di riassumere qui di seguito. Sono consapevole che non terranno conto per un piffero di queste osservazioni metodologiche perche’ non accettano consigli da, ne’ dialogo con, i sionisti, che poi sarebbero tutti quelli che non condividono al cento per cento le loro opinioni confuse ed autoreferenziali, insomma in breve: il resto del mondo. Pertanto -tranquilli- storie come quelle dello Schivone sono destinate a ripetersi, con grande divertimento di tutti.

Punto uno. Gabriel Schivone, Edith Lutz e altri impostori di quel tipo compaiono in scena raccontando: “Proprio noi, parte di un popolo perseguitato, siamo al fianco di un altro popolo perseguitato”. A loro non interessa affatto discutere della natura di questa persecuzione. I campi profughi palestinesi sono destinatari di una mole imponente di aiuti, ben maggiore di quella riservata a profughi di altre parti del mondo. Il che non aiuta certo lo sviluppo della loro economia Sono in questo momento cannoneggiati dall’esercito siriano. In passato hanno subito le scorribande di miliziani libanesi (Tel Al Zaatar, Karantina).

La popolazione vi e’ tenuta dentro non dal feroce esercito con la stella di David, ma dai leader palestinesi stessi, che si rifiutano di svuotarli, anche quando si trovano nella West Bank, in territorio amministrato dall’ANP medesima. Una situazione dannatamente complicata, che gli autoproclamati ebrei semplificano indicando il colpevole nel cattivo Israele. Fin qui, nulla di particolare, lo fanno in tanti.

La peculiarita’ di Schivone sta nel tentativo di attribuirsi chissa’ quanti extra punti di moralita’ dicendo “non in mio nome”. E perche’? Ma perche’ lui, come i gonzi che credono a lui, identifica ebraismo con sofferenza. Lui dice ai suoi lettori che essere ebrei e’ soprattutto una questione di quanto si soffre, o quanto si e’ sofferto in famiglia, o di quanto si e’ disposti a soffrire per stare al fianco di chi soffre. Tanto e’ pieno di questa retorica della sofferenza che si dimentica di porre la seguente, banale, domanda: chi pensiamo di convincere?

Questa idea della sofferenza che redime e’ infatti una roba estranea all’ebraismo: mica adoriamo persone crocefisse, noi. Quindi, signori sedicenti ebrei, state mandando il messaggio sbagliato, con questo insistere sulla sofferenza dei palestinesi e sulla (immaginata) vostra. Il messaggio e’ sbagliato non solo perche’ all’origine di tutto c’e’ una bugia. Il messaggio e’ sbagliato perche’, se uno oggi vuole costruirsi una propria identita’ basata sulla sofferenza, non ha affatto bisogno di rivolgersi al Medio Oriente. Per esempio, puo' andare su Internet e trovare delizie di questo tipo:


Schivone et similia, se volete un consiglio da parte di qualcuno che ci capisce di politica (vi parlo da sionista, ovvero da membro di uno dei pochi –ismi che e’ sopravvissuto al Novecento), lasciate perdere questa identificazione tra ebraismo e sofferenza, che non riesce a convincere nessuno, a parte quelli che ritengono che per essere ebrei si debba pagare un prezzo di lacrime e sangue. Che ve li raccomando.

Punto due. Lasciate perdere Jovannotti. Jovannotti, dico, quello che credeva che evifte una fola grande Chieva che parte da Madre Tereva ed arriva ad un prete di periferia che va avanti nonoftante il Vaticano. Vi potra’ piacere l’idea che all’interno di una religione ci sono i poveri ma belli che stanno dalla parte del popolo e che sono impegnati nella lotta contro le gerarchie ricche e cattive. Ma siete fuori strada.

Perche' anche questa idea non ha niente a che fare con l’ebraismo e per quel che ne capisco io si adatta semmai al cattolicesimo che e’ numericamente piu’ consistente ed ha una gerarchia definita, con la gestione dei soldi e del potere che sta dove sta. Nell’ebraismo le cose funzionano in maniera diversa. Facciamo un esempio basato sul genere. Se a me non piace la sinagoga X dove comandano solo gli uomini, mi sposto tranquillamente (dopo qualche scazzo feroce) nella sinagoga Y dove le donne hanno piu’ spazio nel culto e se ci riesco metto assieme un gruppo di persone per fondare una sinagoga Z dove anche i gay possono avere spazio. Servono soldi, lo so, infatti devo cercare dei benefattori. Non mi serve la approvazione ecclesiastica.

Mi serve eventualmente un rabbino e cerco infatti di assumerne uno che sperabilmente faccia parte di una delle associazioni professionali sufficientemente seria (se il rabbino poi ne trova altri due, potra’ anche fare delle conversioni – cosi’ dicono le regole delle famose associazioni professionali). Mi serve certamente una determinata interpretazione dei testi sacri dell’ebraismo (Bibbia, Mishna ecc.) che regolano il culto e la vita comunitaria. Se trovo abbastanza soldi, pago il rabbino per mettere in piedi anche un centro di studi dove questi libri possano venire studiati e da cui si possano derivare le norme della vita comunitaria. Spesso questi centri stanno in Israele: e vedi sopra, alla voce Birthright e dintorni. Nel senso che e’ possibile passarci del tempo, e tornare a casa piu’ istruiti e motivati.

E’ senz’altro possibile fondare una sinagoga di ebrei antisionisti, e mettere in piedi un centro di studi dei libri sacri dell’ebraismo fortemente caratterizzato contro Israele. Occorre pero’ trovare un numero minimo di ebrei disposti a imparcarsi in quella avventura e magari a metterci anche dei soldi. Il problema e’ che sembra non ce ne siano poi molti [anche se sono in molti a sognare un ebraismo tipo Jovannotti] sicche’ ci si riduce ad inventarli. Come e’ successo con Schivone e come probabilmente succedera’ ancora. Con gran divertimento di chi legge, devo dire.