venerdì 18 marzo 2011

scampoli di vita sessuale

La vita sessuale degli antisemiti ebrei critici di Israele essere una roba assai poco soddisfacente. Vedi per esempio cosa twitta Shai Golden, un opinionista di quel quotidiano di proprieta' tedesca che risponde al nome di Haretz. Il resto del Paese piange le vittime di un massacro -tra i quali, particolare orrendo, un bambino di tre mesi. Ma lui no, il Golden trova ripugnante unirsi al lutto. Voi capite, si tratta di rozza roba nazionalista, estranea al suo spirito di  cosmopolita E cinguetta -in maniera davvero raffinata- cosi':

“Sex, like settlement, is a violent and intrusive act. It’s a matter of Jews having sex with the earth and discovering in it beauty and holiness. When it comes to both sex and settlers, people are necessarily deviant.”

domenica 6 marzo 2011

"had proved insufficient"

Come e' nato lo Stato di Israele? Beh, chiediamolo a chi c'era prima - gli inglesi. Il 15 maggio 1948 il governo di Sua Maesta' pubblico' un "policy statement", in cui si puo' leggere:

"84,000 troops, who received no cooperation from the Jewish community, had proved insufficient to maintain law and order in the face of a campaign of terrorism waged by highly organized Jewish forces equipped with all the weapons of the modern infantryman. Since the war, 338 British subjects had been killed in Palestine, while the military forces there had cost the British taxpayer 100 million pound"

Insomma, sono stati militarmente sconfitti. Poi, certo, le sconfitte militari si possono cammuffare in molti modi.

In Italia, per esempio, si fa circolare la leggenda della ricompensa, secondo la quale al popolo ebraico sarebbe stata data, come una specie di risarcimento, la Palestina. Dove pero', ricordo, c'erano gli inglesi. Che, appunto, ammettono la sconfitta. Testo completo qui.

Hat Tip a My Right Word.

mercoledì 2 marzo 2011

una lettera a Gheddafi

Non sono il primo, e non saro' nemmeno l'ultimo a dare pubblicita' a questo bellissimo scritto di Herbert Pagani. Ma non ci posso fare nulla, non mi riesce di dire di meglio. 

Lettera aperta al Colonnello Gheddafi 
letta a New York in occasione del 10' Convegno Intemazionale degli Ebrei di Libia

Ci sono paesi disamati dalla storia. Incapaci di offrire ai loro popoli, contro un misero presente, la consolazione di un glorioso passato. Incapaci perfino di trarre profitto dalle loro disgrazie, di trasformare gli oltraggi subiti in leggende esportabili. Paesi che, privi di un fiume per benedire le loro terre, di un eroe per difenderle, di un poeta per cantarle, sono affetti da anonimato cronico.

li paese in cui son nato è fra questi. Prima che il suo nome fosse propulso nel cielo dei media, dai capricci congiunti del petrolio e di un tiranno, quest'immenso territorio non è stato, per 2.000 anni, che una fabbrica di dune. Uno zero, un'amnesia, un sacco di sabbia sventrato e disperso su 1.759.000 chilometri quadrati di mancanza d'ispirazione del Creatore, una sala d'aspetto immemorabile dove non ha mai degnato fermarsi il treno di un'epopea, un vuoto, soffocante e torrido che separava, come una punizione, l'Egitto della Tunisia. Oggi ancora, benché l'afflusso di petrodollari gli abbia permesso di passare dall'oscurità all'oscurantismo, questo paese resta, agli occhi del mondo, l'anticamera delle Piramidi, il retrobottega dei gelsomini. Culturalmente parlando: il parente povero dell'IsLam.

Il Colonnello lo sa. Anzi ne è così conscio che dopo aver importato i migliori architetti d'Occidente per tracciare audaci prospettive in questo gigantesco piatto di couscous spazzato dai venti e centinaia di artigiani dall'Oriente per ornarne i volumi ancora freschi di bassorilievi, rosoni, mosaici e vetrate - ha tentato di appropriarsi della storia dei suoi vicini, con proposte di matrimonio di un'insistenza patetica, generalmente rifiutate, o seguite da immediati divorzi.

Arrenditi all'evidenza, Colonnello. Né la tua bella faccia da antagonista, né il pennacchio dei tuoi pozzi, né le scie dei tuoi "mirage" in cieli non tuoi, né il tuo vivaio di terroristi riescono a trattenere a lungo l'attenzione del nostro mondo distratto. Una forza centrifuga maledetta fa svaporare il beneficio dei tuoi misfatti, come l'acqua dei tuoi "ovadi", impedendo alla tua periferia di trasformarsi in centro. Malgrado i tuoi sforzi, questo paese resta senza viso, come i tuoi sicari, e senza voce, come in passato.

A volte, quando il tuo sorriso gallonato mi sorprende, appeso ad un'edicola, mi congratulo con te, da lontano, per aver saputo una volta ancora risorgere dal sabbioso oblio al quale ti condanna il destino. E, forse per smussare il tuo perforante sguardo, o l'interminabile diga dei tuoi denti, mentre mi compro con 2.000 lire la tua testa da adulto, ti immagino bambino, sì, m'invento nostalgie da fratello maggiore e ti vedo, lupacchiotto di quattordici anni, disteso, la sera nella tua stanzetta, con l'orecchio al transistor, che ascolti esaltato la voce di Nasser, il cui carisma saturato ti arrivava dal Cairo, e ti sento esclamare, fra due incitazioni del Rais alla guerra santa "anch'io, un giorno, come lui!"

Il tuo sogno: aggiungere un nuovo capitolo, a tuo nome, nel Grande Libro dell'Islam. Ma Allah è grande, caro cugino, e nella sua immensa saggezza, deve aver deciso che era meglio riservare al tuo paese, che fu un tempo il mio, il ruolo esaltante di "antiporta", cioè la pagina bianca che precede il testo, e che tale resta, se una dedica non viene ad abitarla

L'unico inconveniente è che tutte le popolazioni che vi hanno vissuto, nei secoli, hanno subito lo stesso destino di "cancellazione". Cominciando dalle minoranze etniche o religiose, berbere, cristiane ed ebraiche, che chiamaste "dhimmi", cioè cittadini "protetti". Delicato eufemismo per dire ostaggi in attesa di conversione Essere l'oppresso di un potente offre a volte vantaggi culturali: catene d'oro, tempo per piangere, ecc Essere l'oppresso di un oppresso, nessuno. Ebrei di un paese senza luce, fummo gli ebrei più spenti del Mediterraneo.

Privi di quel prestigio di riflesso di cui godono, di solito, i domestici dei grandi Principi, e di cui godettero, almeno una volta durante il loro esilio, tutte le altre comunità. La nostra storia fu così negata, sepolta, per tanti secoli, che senza il libro dello storico Renzo De Felice, Ebrei in un paese arabo, un libro splendido, voluto con tenacia quasi mistica da un fratello della nostra comunità, di questa non resterebbe più, oggi, traccia, né, domani, ricordo. Infatti, dopo aver assaggiato come tutte le consorelle un menù di umiliazioni di una varietà squisita: massacro alla romana, alla mussulmana, alla spagnola, segregazione alla maltese, all'ottomana, leggi raziali nazi-fasciste, e per finire, pogrom post-bellici, compiuti dai nostri fratelli arabi sotto l'occhio dei nostri tanto attesi liberatori britannici, la mia comunità fu pregata di lasciare il paese l'indomani della Guerra dei sei giorni, meno i suoi morti, trattenuti per portare il loro contributo alla Rivoluzione, mediante ossa e lapidi le quali, debitamente frantumate dai bulldozer, sono servite da base a un'importantissima autostrada costruita d'urgenza per collegare il nulla al nulla, e a due giganteschi alberghi per un turismo tuttora inesistente. Così, io, Ebreo senza più radici né memoria, ho aperto il libro ed ho scoperto:

che la nostra presenza in Libia risaliva a più di 2.170 anni;
che precedeva quindi non solo l'invasione araba, ma anche quella romana;
che, bellicosi e fedeli al nostro Dio, contro l'esercito romano ci eravamo sollevati, appena avuta notizia della caduta del tempio di Gerusalemme;
che quella sommossa ci era valsa decine di migliaia di vittime, ma anche una lapide in latino che riferisce il fatto, e senza la quale non sapremmo che fummo una così antica e coraggiosa comunità.
Ma questa è storia, dicevo girando le pagine, storia che fonda la mia legittimità, ma non basta, io voglio di più, io... io non sapevo cosa volessi, ma lo trovai. A pagina 41.

Un censimento della popolazione ebraica di Tripoli.

Il primo della nostra storia. Effettuato da Giuseppe Toledano, capo della comunità, nel 1861, e  miracolosamente scampato ai falò del Colonnello. E cominciarono a sfilare sotto i miei occhi, debitamente numerati:

1 Rabbino capo
17 Rabbini
11 Studenti, e poi tornitori, droghieri, tavernieri, sterratori, sarti, macellai, scrivani, chiromanti, levatrici,   facchini, donne e bambine, malati e mendicanti, in tutto:

4.500 abitanti.

Che il professar De Felice sia ringraziato per questo documento. Avevo finalmente sotto gli occhi la prova, inconfutabile che gente del mio sangue era effettivamente vissuta, lì, fra le dune e il mare, colmando, di generazione in generazione, la mitica voragine che separava nostro padre Abramo da mio nonno, Abramo anche lui. Certo non erano i poeti matematici filosofi e medici che fiorivano i giardini della Spagna mussulmana, e curavano i mal di testa dei califfi illuminati, ma era pur sempre la mia famiglia, o perlomeno il perimetro sociale entro il quale senza dubbio alcuno, si era mossa. Mi misi dunque a trascrivere questa lista a mano, sicuro che uno dei miei sarebbe passato, presto o tardi, sotto la mia penna. E questo modesto rito bastò a far si che il vapore dei ricordi si condensasse dietro ai miei occhiali, che si mettesse a piovere, a distanza, su quella striscia di asfalto dove i miei morti giacevano prigionieri, che questa scoppiasse, che un albero ne uscisse, coronato di foglie, popolato di uccelli.

Il mio albero genealogico, per approssimazione.

Chi potrà più dire l'odore delle pelli e la loro lucentezza, ai tempi in cui il sapone si chiamava olio di mandorle? La magrezza indiana dei bambini, il carbone dei loro sguardi, quel modo così arabo di essere ebrei che avevano gli ebrei di Trablous Donne prosperose o gracili, vestite di sete rigate, cangianti, la vita cinta in quadroni d'argento, le teste avvolte nei foulards i quali, scivolando cento volte al giorno sulle loro spalle, scoprivano capigliature corvine o rosso hanna, e ondulate come il mare visto dai terrazzi Odore di cammun, di felfel, di atar e gelsomino, fiori e febbri, spezie e sudori, correnti d'aria fritta o di orina nei cortiletti di quel dedalo scalcinato che era la Hara, il nostro ghetto E i turbini di mosche intorno agli occhi degli asini fatalisti, la polvere di loukhoum sul naso dei bambini buoni, e i capretti appesi nei giorni di mercato, le montagne di cipolle viola, di datteri lucenti, di peperoni dai colori fluorescenti; e i polli che venivano comprati vivi, e portati via tenuti dalle zampe, come mazzi di fiori, per essere uccisi in casa, secondo le regole, in fondo ai giardinetti miseri, - due gerani, un ramoscello di menta, un oleandro, la cui acida linfa, ad ogni fiore colto, vi si attaccava alle dita

Chi potrà più raccontare la severità, la misericordia, dei nostri vecchi barbuti, in turbante, Fez, Bertila o Arrakyia, secondo l'epoca, dottori della legge dalle mani nodose, dalle unghie di corno, dalla pelle scavata dal tempo, ceppi della fede giudaica ancorati, loro malgrado, in questa terra tanto più amata e tanto più esiliante che somigliava troppo alla patria perduta: come una lacrima a una goccia di pioggia

Divina monotonia del cielo azzurro; stesse palme trionfali cariche di munizioni d'oro, stessi tramonti rapidi, che insanguinavano di sole morente i talleth dei nostri padri, riuniti a dieci per la preghiera della sera, sui balconi; stesse notti crivellate di stelle, stelle cosi vicine che il canto dei grilli sembrava la loro voce; notti di rugiada, che facevano gonfiare i cocomeri a scatti, imitando il gracidare dei ranocchi; albe di madreperla che li vedevano già in piedi, i nostri vecchi, con gli occhi di uva passa, a volte di uva verde, volti a Gerusalemme, per rendere grazie al Signore di questo nuovo giorno, che autorizzava loro a sperarne un altro e un altro ancora fino al giorno tanto atteso del ritorno alla Terra promessa; sposando, giudicando, benedicendo e morendo in quell'attesa, - mai completamente però, perché i loro figli, messi al mondo in quantità prodigiose (se non sono io, saranno loro, se sono tanti, uno vivrà, se sopravvive avrà dei figli e dagli occhi di uno di loro, finalmente, vedrò il muro Paradossalmente, questa razza di individualisti non si considera come alberi di una foresta, ma come foglie di un medesimo albero, e, precisamente, la palma: ogni foglia è figlia e madre del tronco, ed è grazie a quelle che muoiono che l'albero cresce) perché i loro figli, dicevo, messi al mondo in quantità prodigiose, davano loro il cambio, prendevano cioè lo scialle e il Libro e si mettevano a vivere, pregare, procreare e morire a loro volta in attesa della partenza. Ma di cosa si lamenta? Dirà il Colonnello sotto la sua tenda. Voleva partire, l'abbiamo lasciato partire. Certo, ci hai perfino incoraggiati a farlo, spogliando i pochi pazzi, ancora attaccati alla loro terra, dei loro beni e dei loro diritti. Ma stai tranquillo, non è per nostalgia che ti scrivo. Non faccio parte di quei poveri infelici che per rivivere la loro infanzia tripolina vanno a passare le vacanze a Tunisi. Perché se c'è qualcosa che rifiuto di assumere, è proprio la catastrofica illusione della somiglianza, cioè, quella distanza, infima eppur vertiginosa, che separa la lacrima dalla goccia di pioggia, esattamente come, quando, perduto in un souk, cerchi tua madre, la vedi, urli il suo nome, si gira e non è lei. lo, quando la chiamo, si gira ed è sempre lei: Gerusalemme, e quando voglio, ci vado.

Se ti scrivo, è per dirti che la nostra comunità è viva, che cresce e prospera, che si è rifatta, hamdullah. Perché avendo perso tutto non aveva altra scelta se non avanzare. Noi siamo come le api, Colonnello, se il padrone del campo ci ruba il miele a Settembre, lo rifacciamo in fretta, prima dell'inverno, e se continuiamo a punzecchiarti con le nostre richieste di risarcimenti è meno per interesse che per dignità, per ricordarti il tuo debito ma soprattutto la tua perdita. Siamo produttori di beni, materiali e morali, lo siamo sempre stati e tu lo sai, perché il lavoro non ci fa paura, perché il lavoro per noi non è mai stato punizione, bensì espressione, anzi, benedizione. La prova, dopo un mese nei campi-profughi di Latina e Capua, i nostri hanno abbandonato le baracche e sono partiti in cerca di lavoro, e l'Italia, che dandoci rifugio e cittadinanza ha creduto di farci la carità, si è ben presto accorta di aver fatto un investimento. Tu invece, come tutti i governanti del nuovo mondo arabo, hai voluto lavar via gli ebrei dal tuo tessuto sociale. Ne hai corroso le fibre: commercio, artigianato, agricoltura, professioni liberali, tutto si è dissolto, è volato via come sabbia nel Ghibli e tutta l'esperienza che comprate all'Occidente non potrà sostituire l'esperienza antica che avevamo noi di voi, noi, la cui vocazione è stata, da sempre, la comunicazione: fra gli esseri, i gruppi, le etnie, le discipline, i principi, gli stati, le civiltà. Vocazione che fu indispensabile alla grandezza dell'islam, dell'impero russo, di quello ottomano, della Germania prenazista, e che avrebbe potuto fare la tua, se tu l'avessi voluto. Pensa, cugino, era nato perfino un trovatore su questo pezzo d'inferno che governi. Con l'amore inspiegabile, quasi perverso degli ebrei per le terre matrigne che li hanno adottati, avrebbe potuto fabbricare ali ai tuoi re, ai tuoi eroi, ai tuoi santi e martiri per mandarli a dire al mondo che il tuo paese esiste. Avrebbe potuto cantarlo, il tuo deserto, con parole che avrebbero fatto cadere in petali questa rosa delle sabbie che hai al posto del cuore.

Ma Allah, che è grande e vede lontano, ha voluto, per tua mano, farci partire, affinché io andassi a cantare i miei canti sotto altri cieli, e che la tua nazione potesse proseguire, come in passato, il suo esaltante compito: essere la pagina vuota del Grande Libro dell'Islam.

Shalom ve Salam

Herbert Avraham Haggiag Pagani

domenica 13 febbraio 2011

Complotti e Narcisi

Affermazione numero 1 - La politica estera di Bush, specie per quanto riguarda la guerra in Iraq, e' stata sostenuta dai neocoservative.
Affermazione numero 2 - Una cricca di fanatici ebrei e  evangelici si e' impadronita della Casa Bianca e ne condiziona la politica estera.

Ci sono un mare di differenze tra le due affermazioni, ma quella che mi interessa di piu' e' l'identita' di chi le sostiene.
La numero 1 e' la formulazione di chi ritiene che la politica estera di uno Stato sia guidata da una moltitudine di fattori: interessi economici, politici, strategici E il sostegno di circoli intellettuali con una determinata dottrina. Ha anche un tono piu' dubitativo della numero 2: questa sembra invece uscire dalla bocca di qualcuno convinto di avere scoperto un principio segreto che spiega l'intero universo.  E se non siete d'accordo con lui siete al soldo della nota cricca.

Affermazione numero 3 - Con una accorta campagna di stampa e grazie al controllo dei media, questa gente impone il consenso alla loro politica.

Questa affermazione, come potete vedere, sembra una logica conseguenza della affermazione numero 2; mentre e' piu' difficile vederla come una conseguenza della affermazione numero 1. Cioe' a dire, la affermazione numero 1 viene da una persona che potrebbe benissimo essere in dissenso con i famosi neoconservative [vero?]  ma per sostenere la propria opinione non ha bisogno di etichettare tutti coloro che non sono d'accordo con lui come persone che non capiscono niente di politica, ingenui, ignoranti, complici del nemico ecc. ecc. Chi sostiene la affermazione numero 2, cioe', non cerca di partecipare ad una discussione, ma prevalentemente di convincere il resto del mondo che lui ha un intelletto piu' lungo, piu' perspicace, piu' acuto.

Date una occhiata a questo schemino qua. Viene dal blog di Leonardo, un tale che e'passato anche di qua.


L'imprecisione regna sovrana. La definizione di democrazia sembra essere: dovunque ci sono state elezioni una volta. Il che non e', visto che in democrazia le elezioni sono periodiche; per esempio a Gaza oggi non c'e' certo un regime democratico,  il Parlamento e' scaduto da vari anni, e nuove elezioni non sono state convocate. Difficile, inoltre, rintracciare chi sarebbero questi fondamentalisti ebrei. Probabilmente sono tutti coloro che parlano di autodeterminazione del popolo ebraico e che non applaudono ai meravigliosi progetti di Hamas di convivenza pacifica tra ebrei e musulmani, i primi senza diritti ed i secondi con il diritto di vuotare latrine su ebrei in preghiera. D'altronde e' andata cosi' per secoli, perche' si dovrebbe cambiare? E' una tradizione locale da non estirpare.

Se cosi' stanno le cose, vale a dire se per Leonardo sionismo e' sinonimo di fondamentalismo religioso -se avete stomaco leggete il blog di Leonardo e, per favore, indicatemi se sbaglio - si puo' concludere che Leonardo non capisce una fragola. Per il semplice fatto che il sionismo, aka nazionalismo ebraico, e' un movimento secolarizzante, che ovvero cerca di trasformare in identita' politica quella che e' una identita' religiosa.

Ma soprattutto, la caricatura che fa Leonardo della ideologia dei neoconservative si adatta tremendamente bene alle affermazioni 2 e 3 di cui sopra. E' anzi, quella propaganda che, tramite il famoso controllo dei media, i  neocon impongono ai popoli occidentali, a tutto vantaggio degli ebrei, particolarmente di quelli fondamentalisti. Una versione riveduta e corretta dell'adagio che in Italia andava di moda al principio degli anni Quaranta: gli ebrei hanno voluto la guerra.

Ripeto la domanda di cui sopra: quando Leonardo sostiene questa teoria, cosa cerca di dire di se' stesso? Che la propaganda neocon e' insidiosa e sottile, ma lui e' intelligente e se ne sa sottrarre. Che lui e' capace di scorgere il segreto disegno che sta sotto gli eventi. E che ha una paura maledetta dei "fondamentalisti ebrei" mentre di quelli islamici no. Nonostante il trascurabile dato secondo cui i fondamentalisti islamici hanno ammazzato molti piu' musulmani di quanti ne abbiano uccisi i "fondamentalisti ebrei" - qualunque significato abbia questa espressione. Leonardo ci comunica che a lui non frega nulla del numero di morti (arabi e non solo) e che comunque lui la sa piu' lunga di tutti. E se non siete d'accordo con lui, siete al soldo del nemico.

Probabilmente Leonardo pensa di essere originale. Il fatto e' che, in circoli cattolici di qualche decade orsono, si propagandavano (come ho detto sopra) cose molto simili, dettate dallo stesso genere di paure. E dallo stesso senso di rabbiosa impotenza che viene nel vedere che la politica estera di una delle maggiori potenze mondiali -che e' anche il principale alleato del Paese in cui stai-  e' guidata da altri (protestanti, conservatori) e non quelli simili a te (cattolici, comunisti).

C'e' una leggenda a proposito di Silvio Berlusconi. Negli anni Novanta arringava i quadri Mediaset con un discorsetto di questo tipo: "Il vostro cliente, quando si sveglia al mattino, si guarda nello specchio e vede un coglione. Il nostro lavoro e' vendere qualcosa a quel coglione che gli faccia dimenticare che e' un coglione". Probabilmente e' vero, e forse spiega qualcosa del successo del Berlusconi politico. Ma proviamo a immaginare cosa vedono nello specchio, appena svegliati, i lettori di Leonardo. Vedono un tizio che ha tante idee meravigliose per il futuro dell'umanita', tipo il sol dell'avvenire, o il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, che con la sua avanzata caccia i cattivi e gli sfruttatori con la sola forza dei  buoni ideali. E solo se e' proprio necessario, ovvero se gli avversari sono ebrei con la folle idea della autodeterminazione, puo' ricorrere agli attentati.


Pero' questo tizio che sta nello specchio e' un fallito. Non vince le elezioni da almeno un decennio, e -quando mai le ha vinte ed ha mandato al governo qualcuno simile a lui (perlomeno piu' simile di quanto lo sia Silvio Berlusconi)- questo qualcuno ha perso le elezioni successive. Le sue brillanti idee cioe' non sono popolari. Non riesce a convincere gli altri italiani che lui conosce il loro bene meglio di quanto loro conoscano il proprio. E la democrazia non lo sta aiutando - sara' per questo che, come abbiamo visto sopra, non gli piace, la considera un trucco dei neocon per fottere quei bonaccioni idealisti che si chiamano "fondamentalisti islamici".  

Quel che e' peggio, il tizio, si sente in preda a forze che non puo' controllare - la globalizzazione dei mercati che gli minaccia lo stipendio, per dire. E' ovviamente qualcosa che fa sentire insicuri tutti; ma se l'elettore della Lega se la prende con gli immigrati, qualcun altro se la prende con i neocon che controllano la politica mondiale facendo gli interessi di Israele. Teorie del complotto, basate sull'idea che esista un circolo ristretto di manovratori di forze occulte, sono diffuse anche a destra, e quando i leghisti parlano di mondialismo impiegano esattamente quel genere di delirante retorica. Tra gli elettori della -sempre perdente- sinistra, la teoria del complotto neocon permette di farsi ragione del proprio fallimento politico. Non riesco a convincere nessuno del fatto che ho ragione; questo evidentemente dipende dal fatto che gli altri sono vittime della propaganda neocon, delle multinazionali sbroc sbroc, degli ebrei che controllano i media. Invece io, che ho l'astuzia che agli altri manca (anche se non si vede nella mia grigia esistenza quotidiana) la vedo molto meglio di tutti voi e non mi faccio fregare da queste chiacchiere sulla democrazia. Un ragionamento circolare, adatto a compensare il senso di fallimento con fantasie narcisiste. 

Il narcisista, recitano i manuale di psicologia, e' un tizio con una bassa stima di se', che vive per poter impressionare il resto del mondo. Il resto del mondo, cioe', esiste solo per riempirlo di lodi ed ammirazione, per dargli quella stima che da solo non e' capace di avere. Un interessante conoscitore del narcisismo, e narcisista lui stesso, e' Sam Vaknin: una carriera interessante, iniziata facendo un sacco di soldi nella City, seguito da una condanna per frode (i narcisisti hanno questa tendenza ad ingannare se' stessi ed il resto del mondo) e successivamente da uno studio delle conseguenze del narcisismo -che secondo lui e' un disturbo non curabile- nella sfera pubblica. Se la cosa vi interessa, trovate qui i suoi scritti. 

Torniamo al narcisista di cui sopra, che ha tante buone idee ma non e' compreso dal mondo crudele. Immaginatevelo al centro di un cerchio. Il cerchio e' composto da specchi. Ecco, lui vive dentro quella realta', quando guarda fuori dal cerchio vede solo la sua immagine riflessa. Gli specchi gli rimandano le sue stesse teorie e se siete d'accordo con lui (ovvero che il mondo e' soggetto alle manovre di una cricca ristretta di neocon) lui apprezzera' il supporto ricevuto e passera' a propagare le sue teorie ad un altro uditorio. Se non siete d'accordo con lui, state attentando alla sua autostima, siete suoi nemici personali, e le vostre motivazioni hanno sempre un qualcosa di oscuro, malato, cattivo ed incomprensibile. Perche' non state contribuendo alla discussione, state attentando a un personaggio buono, limpido e ragionevole - un Oplita del Bene.

Di nuovo (che palle doverlo specificare) questo modo di organizzare la propria identita' non e' esclusivo dei sostenitori di sinistra, e probabilmente lo trovate anche a destra - Berlusconi e' stato un maestro nel ridurre la politica al gioco del chi non e' con me e' contro di me, e-rema-contro. Ma le fantasie consolatorie  caratteristiche del narcisismo fanno piu' danni a chi le coltiva quando perde, ed in questo momento non e' la destra, quella che perde.  


Credo sia abbastanza conosciuto il mito di Narciso, che gli psicoanalisti usano per spiegare cosa sia il narcisismo.   Narciso e' un giovane bellissimo che rifiuta di amare altre persone che non siano lui stesso, ed annega contemplando la propria immagine. Rifiuta, cioe', di vedere nella realta' altro che non la conferma della altissima idea che ha di se' - e ci muore. Date una occhiata alla continua discesa del consenso elettorale della sinistra, particolarmente della sua versione farlocca, e sara' chiaro cosa significa, in termini di attualita', morire affogati

Ma potete anche provare a leggere, superando ettolitri di noia, le proposte che vengono da sinistra per un ipotetico dopo-Berlusconi. Che, se non altro per ragioni anagrafiche, e' quasi dietro l'angolo, Berlusconi non e' giovanissimo. Riuscite a trovarci qualcosa di chiaro, in quella roba? Io, un elettore di sinistra, che tutti i giorni da' una occhiata ad almeno due quotidiani italiani, NO. Vedo una gran mobilitazione contro il satrapo di Arcore, il miliardario brianzolo ex brizzolato, il despota televisivo ecc. ecc. Con cosa rimpiazzarlo? E chi lo sa. Qualunque-cosa-e'-meglio, mi dicono, che e' la classica non-risposta. 

Nel Talmud Babli, in Nedarim 9b, si trova una riscrittura della (o una risposta alla) storia di Narciso. Un giovane, e bellissimo, pastore vede la sua immagine riflessa in un pozzo e sta per innamorarsene, quando sente una voce avvisarlo che quella e' una porta per entrare in un "mondo non suo".


Il che e' una espressione  oscura, ma rende bene un senso di disorientamento e frustrazione. Quello che farlocchi ed Opliti del Bene cercano di superare costruendo un castello di fantasie complottarde ed immagini di se' stessi,  colti nell'attimo in cui svelano il complotto. Contemplano questa immagine di se' stessi che hanno ragione e del mondo che finalmente da' loro retta. Avverra', deve avvenire sicuramente; e se non avviene adesso, e' perche' ci sono i cattivi che tramano.

Perche', sapete il resto del mondo seguirebbe gia' ora le buone idee dei buoni se non fosse che i media sono controllati dai soliti cattivi, per fare gli interessi di ... eddai, mica ve lo devo ripetere, no?

sabato 29 gennaio 2011

Non so se Franco si ricordasse di me. Certo io mi ricordo di lui - un signore con lo sguardo da ragazzo, che una sera alla settimana stava accanto a quella che per me era la porta di ingresso, o di uscita, da Milano. Con un gran mazzo di riviste anarchiche, ed una borsa piena di libri. 

Ci eravamo sentiti per telefono anni prima, quando ancora ero liceale e, assieme a qualche coetaneo, volevo sapere qualcosa di piu' sulla storia dell'obiezione di coscienza. Franco Pasello  nel 1976 aveva fatto quasi venti mesi di carcere, tra militare e civile, per non rispondere allo Stato - persino quando gli arrivo' la cartolina di congedo lui la restitui' al mittente. Era il piu' famoso obiettore anarchico d'Italia e qualcuno ci/mi aveva dato il suo numero di telefono.

Dopo anni eravamo li', io ero uno studente universitario, a Milano  infuriavano gli anni Ottanta, e io fatto molte chiaccherate con Franco. Spesso mi portavo a casa quelle riviste  dai titoli roboanti "Volonta'", "Umanita' Nova"... Pagine dove ebreo o israeliano non erano mai sinonimi di oppressore

E anche qualche libro, si'. Memorabile quello su il C.T., quel signore, anarchico anche lui, che aveva riempito Milano di scritte indistruttibili, spiegando che la Chiesa ti uccide con l'onda. Il libro, se vi capita, leggetelo. Nonostante la veste spartana ed autoprodotta, e' uno dei migliori libri di storia del Ventesimo secolo - gli autori si sono messi a ricercare le origini della ossessione di C.T. per le onde assassine ed hanno scoperto una delle prime psicosi di massa del Ventesimo secolo. 

Franco Pasello distribuiva libri e riviste. Di professione panettiere, faceva quello che gli anarchici hanno fatto per un paio di secoli: distribuiva carta stampata, parole, con la convinzione che potesse far saltare per aria il mondo e farlo ripiombare a terra, in una forma piu' giusta. Nella Spagna della Guerra Civile, quando i clerico-fascisti uccidevano ogni traccia di civilta', ed i comunisti ammazzavano il controrivoluzionario Camillo Berneri, gli anarchici insegnavano ai contadini a leggere e scrivere. Perche' la Repubblica potrebbe finire, ma questo restera' con voi per sempre. 

Franco Pasello non mirava a reclutare - non era nemmeno affiliato ad alcuna delle, alquanto litigiose, organizzazioni anarchiche italiane. Conosceva tutti, ed era conosciuto da tutti gli anarchici d'Italia - il primo obiettore totale... e dai loro simpatizzanti di varia gradazione. Tra cui io. Io che, anche quando mi ero ormai trasferito a Milano  mi trovavo ogni tanto a chiaccherare con lui. Gli parlavo dei miei viaggi in Israele. Progettavo un sito web sul C.T. Che non si e' fatto mai. Franco aveva piu' di un dubbio su questa roba chiamata Internet: lui usava ancora la macchina da scrivere.

Anni dopo ho ri-incontrato Franco Pasello. Mentre ci si batteva per i diritti civili dei Sinti e dei Rom, ho fatto qualche amicizia, e guarda un po' cosa si va a scoprire, da anni Franco girava per gli stessi campi in cui giravo io. O quelli vicini, che io visitavo cercando di trovare un via per il diritto all'acqua e all'istruzione, per esempio. E anche quello a non essere cacciati via dal pezzo di terra che hai comprato [questo succedeva, e ancora succede, ai Rom in Italia: alla faccia della proprieta' privata sacra ed inviolabile, alla faccia della Costituzione]. Io stavo cercando di mettere su carta un insieme di storie straordinarie; speravo di scrivere un libro su Zingari italiani e Resistenza al fascismo, non credo ci sia bisogno di spiegare quanto sarebbe stato importante. In una Italia nata dalla Resistenza, in cui sindaci di destra e sinistra operano concordemente sgomberi "dei nomadi". Erano gli anni dell'arrivo dei primi Rom rumeni in Italia, e Franco si stava spendendo, generoso come sempre, per i loro diritti: ospitalita', permessi di soggiorno, cibo, acqua: vita.

Le storie che andavo raccogliendo sono rimaste manoscritte, annotate su tanti quaderni, assieme a impressioni, note, tabu', genealogie, vendette, condanne e assoluzioni.  Franco, mi aveva dato una mano per capirci qualcosa, in quel mondo complicato. E quei quaderni sono rimasti in Italia, accanto al libro sul C.T.

Lo ho saputo solo ora, per caso. Franco Pasello, uomo giusto e generoso, e' morto l'ottobre scorso. Gli anarchici hanno una magniloquente tradizione funeraria, le loro tombe sono spesso monumenti, i funerali un dispiego di canti e bandiere. Franco, individualista come sempre, non ha voluto niente di tutto quello, ma solo che si facesse una festa in suo onore.

E io, per la prima volta, in questi anni, avrei voluto essere in Italia.

venerdì 28 gennaio 2011

"conspired"


A free Palestine was deemed a threat to other repressive states and they all, along with Israel, conspired not to allow it to be born.

Insomma, loro avevano tutte le migliori idee, ed erano i piu' buoni di tutti, ma poi i cattivi si sono uniti e loro hanno perso. I cattivi sarebbero gli arab repressive states ed Israele - che guarda caso sono in guerra da decenni. Ma si alleano contro i buoni.

Invidio gli intellettuali palestinesi. Voglio dire, deve essere un lavoro molto facile, ripetere ogni volta che il resto del mondo e' cattivo e che loro hanno sempre ragione. Deve essere bellissimo vivere in un mondo in cui gli errori li fanno sempre gli altri.

Che, ovviamente, sono sempre cattivi e -ti pareva- cospirano contro di te. Che sei buono. Deve essere una sensazione bellissima, quella di essere sempre e comunque il piu' buono dei buoni, probabilmente ti deriva dall'onore di nascere palestinese. Il nuovo popolo eletto.