Ho letto sul blog di Uriel
una serie di post interessanti a proposito delle trasformazioni del commercio in Italia - la scomparsa, o crisi, dei
negozietti, la crescita dei centri commerciali ecc. ecc. No, non voglio parlare di questo argomento, ma solo avanzare un paio di riflessioni su quella esperienza esaltante dell'ebraismo europeo, che si chiama
Limmud, e che e' presente in tutti i Paesi del mondo, o quasi - Italia esclusa. Quindi questo post e' indirizzato ai lettori ebrei, sperando di non annoiare gli altri.
Come mai la Comunita'-piu'-antica-della-Diaspora e' priva di questa esperienza? In tre o quattro (tanti erano gli italiani presenti) ci siamo fatti questa domanda. Ed e' chiaro che
non si tratta di un problema di soldi: Limmud costa poco, e' basato sul volontariato, i prestigiosi relatori,
intellettuali,
artisti ecc. ecc. che vi partecipano (nei link c'e' un elenco parziale relativo a quest'anno) non vengono retribuiti in nessun modo, se non per qualche striminzito spazio espositivo. Perche' lo fanno, allora?
Per ragioni di mercato. So che e' una metafora poco rispettosa, ma e' ispirata a un insegnamento del Rabbino Di Segni - purtroppo non riesco a ritrovarlo on line- che paragonava la situazione americana a quella italiana. Negli USA, diceva il Di Segni strizzando l'occhio al sempiterno antiamericanismo, se non ti piace la tale sinagoga o il tale rabbino, puoi agevolmente sceglierne un'altra, mentre in Italia si e' piu' o meno costretti a stare dove si sta. E' il mercato che regna in USA, diceva Di Segni. E io ricordo di aver pensato - "mentre in Italia il settore tira avanti grazie a un monopolio garantito dallo Stato".
Perche' in effetti Limmud ha diverse caratteristiche in comune con i centri commerciali. Si tengono diversi servizi, in contemporanea - Reform, Masorti, Ortodosso. Ognuno potrebbe essere paragonato ad una vetrina del proprio movimento, ed in effetti persone che non sono mai entrate in una sinagoga (poniamo) Masorti, hanno la opportunita' di dire la tefilla' in questo inusitato (per loro) modo; e vedere come e'. Dopo aver incontrato il tale autore ti verra' voglia, magari, di leggere il suo libro. O di iscriverti a corsi e seminari che tiene qui o li'. Per non parlare delle organizzazioni piu' strettamente politiche o di volontariato, che presentano le proprie attivita' ed arrivano con le brochures ed i volantini.
I centri commerciali sono delle specie di bolle spazio-temporali avulsi dal contesto circostante? Limmud, con il suo ritmo intenso e lo spazio che occupa (un campus universitario, per una settimana) e' una bolla, in cui tempo e spazio della presenza ebraica sono diversi rispetto a quelli della citta' circostante. Io, per esempio, in una giornata tipo, studiavo nella yeshiva tre ore al mattino, e dopo pranzo riuscivo a seguire tre lezioni, o incontri, e a sera decidevo tra un concerto e un film, per poi andare a una lezione notturna e rientrare in camera piu' o meno alle undici. C'erano altri concerti ed altra roba che andava avanti fino all'una e mezza, e poi comunque la lounge rimaneva aperta, e si sono tenute jam session memorabili. Posso permettermi questi ritmi fuori da Limmud? No. Perche' a Limmud lo potevo fare? Perche', proprio come nei centri commerciali piu' competitivi, c'era il servizio di baby sitting, fino alle undici e trenta. Gratis, e offerto da volontari.
Quindi si', rav Di Segni, questo e' il mercato, e fornisce servizi che non si possono trovare nella bottega tradizionale, nel negozietto della presenza ebraica italiana. Perche' codesta e' organizzata tramite una, ed una solamente, comunita'-radicata-nel-territorio, il cui mercato e' assicurato dal monopolio statale. Invece a Limmud accorrono frotte di studiosi e intellettuali e rabbanim e insegnanti e artisti e di pubblico (2400 persone, l'ultima edizione), tutti quanti ebrei, ovvero potenzialmente interessati a diventare clienti della stessa merce che vendono i rabbini. E qualcuno di loro, anche rabbini: gente del calibro di Francis Nataf e Shlomo Riskin, per rimanere nell'ortodossia. Che quella merce, diciamo cosi', vendono. Pare irrispettoso il paragone? Allora diciamo che sono piu' di duemila persone, disposte, anche di questi tempi, a pagare qualche centinaio di sterline per passare la settimana compresa tra 24 e 30 dicembre in un posto in cui si studiano testi ebraici, si vedono film di argomento ebraico, ci sono mostre di arte ebraica e particolarmente si shmoozeggia (=cazzeggio tra ebrei, diciamo) in maniera intensiva. Ho rivisto piu' o meno una quindicina di persone che credevo di aver perso di vista.
C'era qualcuno con il corredo genetico non a posto? Probabilmente si', visto che tra i relatori c'erano anche delle teologhe musulmane e qualche pastore evangelico, un giornalista palestinese e quel pescecane di Jhon Ging, il direttore della UNRWA per Gaza. Tutti venivano per tenere delle sessioni perche' pensavano di avere qualcosa da dire ad un pubblico ebraico. E cosi' e' stato. Io avevo qualche riserva quanto all'aver invitato Ging, ma il pubblico ha apprezzato, e quel bugiardo professionista, terreo in viso, con lo sguardo che cercava di evitare quello degli interlocutori, ha balbettato per la prima volta che lui e' contrario al boicottaggio economico di Israele. Un punto segnato a favore di Israele, in my opinion.
Chi paga tutto questo? Come detto sopra, scordatevi gli stipendi. Ma comunque delle spese ci sono, ed esistono in UK
un paio di fondazioni Limmud che si occupano di sostenerle,
insieme alle organizzazioni ebraiche locali. E qui, probabilmente, c'e' il vero problema per l'Italia. Perche' un ipotetico Limmud Italia, obbligherebbe l'UCEI a collaborare con realta' ebraiche che non sono ortodosse. Questo e' lo statuto di Limmud: non sono permesse discriminazioni, altrimenti vi scordate il supporto economico e l'uso del marchio. E sai che rischio, quello della collaborazione.
Tanto per chiarire: a Limmud UK lo spazio pubblico e' ortodosso. C'e' l'eruv per Shabbat, il cibo e' solo kasher (e di buona qualita', ultimamente), negli spazi comuni, di Shabbat, non si possono usare strumenti musicali e anche le toilettes sono rabbinicamente controllate: nessuna luce elettrica, carta gia' pronta prima di Shabbat. Questo perche', in linea con una tradizione ebraica millenaria, gli organizzatori sono stati capaci di trovare un compromesso - nello spazio pubblico si cerca di rispettare tutti, nello spazio privato uno fa quel che vuole. Che e' poi la regola in diverse istituzioni ebraiche italiane, case di riposo, per esempio. Ma tutti hanno diritto di parola. E questo credo sia un problema, in Italia.
Quando ci si iscrive a Limmud, puoi barrare la casellina in cui dici che vuoi tenere delle sessioni - e poi spieghi che sessioni vuoi tenere. Molto probabilmente la tua sessione verra' accettata, e potrai insegnare il tuo argomento preferito. Non ti ci sta in una sessione? Ne puoi fare due o anche tre. Di nuovo,
date una occhiata al sito per avere una idea della incredibile varieta' di argomenti. Introduzione alla calligrafia ebraica, discussione su A Serious Man, film dei fratelli Coen, discussione su Pastorale Americana, il libro di Philip Roth, conferenza sulle influenze kabalistiche in Bob Dylan, sessione su kasherut e etica, studio di testi sui due matrimoni di Jakoov, come proteggere i vostri figli dalla pornografia via internet, Ho conosciuto Bono Vox e Desmond Tutu e sono ancora vivo, Come il governo inglese ci sta tirando fuori di testa, Vi spiego le fonti di Martin Buber, Cosa si aspettano i teen agers ecc. ecc. E siamo solo al primo paio di giorni e c'e' un sacco di altra roba.
Perche' tutto questo dovrebbe essere un problema in Italia? chiederete voi. La risposta la trovate prevalentemente al mattino, nel metodo di studio che si usa nel Limmud Beit Midrash e che e' poi anche dilagato in altre sessioni. E che si chiama hevruta. So che non e' molto popolare in Italia, e per cui lo trovate riassunto qua, non casualmente in
un sito web disegnato e gestito da donne. In breve il testo e' tolto agli esperti (clero) e dato al pubblico. Certo, per secoli nel mondo ebraico si e' studiato in questo modo, ed ancora si studia cosi', indipendentemente dal formarsi di una casta rabbinica professionale, che in qualche caso tutela il proprio accesso al testo rendendolo inaccessibile (nei Paesi cattolici, guarda che strano esempio di assimilazione). O disseminando lungo la strada degli ostacoli del genere: Ne sai ancora troppo poco per capire. In certi circoli, perlomeno quelli che venti anni fa ho frequentato in Italia, il "ne sai troppo poco" significava "non sei ancora abbastanza ortodosso od osservante".
Immaginatevi le seguenti due scene. La prima, quella che era familiare a me in Italia, consiste nel rabbino che apre il volume di Talmud, legge, traduce, chiede se ci sono domande, risponde a qualche domanda, magari c'e' un breve dibattito, l'ultima parola spetta a lui o ai soliti noti osservanti, e si passa alla frase successiva. Il rabbino, e solo lui, ha accesso ai commenti che sono stampati attorno al testo, da Rashi in poi, e solo lui sa quale pescare e dove. La seconda scena, invece, e' hevruta. E cioe' il rabbino, o chi per lui, fa una breve introduzione al testo. Tu ti trovi con il tuo compagno di studi, vi scornate con reciproche interpretazioni, e dopo un'ora, ci si ritrova intorno allo stesso tavolo ed il rabbino, o chi per lui, chiede: Cosa abbiamo imparato? Limmud ha portato questo metodo fuori dalle scuole rabbiniche, dove si e' usato per secoli, e lo ha applicato a una moltitudine di testi, dalla Bibbia, alla letteratura rabbinica, fino ai racconti di scrittori ebrei o testi di canzoni pop israeliane.
Sento gia' un brivido di terrore scorrere tra i lettori italiani. Ma allora
a cosa serve un rabbino, se tutti possono studiare? [Paura, vero? Ah, questi riformati, che non solo aboliscono la kasherut, e un altro campo professionale che viene a sparire... Tralascio questa ultima solenne scemenza - i soliti noti cercano di diffondere in maniera coordinata quanto la Armata Brancaleone: vedi
qui e
qui]. La risposta non e' difficile, dal momento che la letteratura rabbinica e' sconfinata, un rabbino dovrebbe piu' o meno essere capace di identificare i testi che piu' hanno da insegnare. Dal momento che nell'ebraismo dovrebbero parlare i testi, e non sacerdoti/sapienti che ti fanno cadere dall'alto la loro, appunto, sapienza.
A fare crescere la popolarita' di questo metodo di studio, che ha poco di gerarchico e niente di inizaitico (contrariamente ad altri tipi di approccio ai testi sacri) ci sono diversi fattori, e io credo che non poca parte la abbiano avuta forum, blog, e newsgroup, insomma tutti quei luoghi della rete in cui si comunica appunto tra pari, la quantita' di discorsi legittimi e' inedita, e non esistono molti dei limiti di cui soffrono altre forme di comunicazione. Che e' un po' simile all'impatto dello E commerce sul commercio tradizionale, quello centrato attorno alla bottega. E che in Italia, dice Uriel, e' impopolare, visto -tra l'altro- la rendita di posizione di cui godono i commercianti.
Qui, per riprendere la metafora, Limmud e' parecchio diverso da un centro commerciale, dove uno accede ai beni a seconda di quanto puo' spendere. Invece a Limmud tutti possono studiare quel certo insieme di testi, raggruppati dagli organizzatori. Oppure, se non vanno quei testi, c'e' di fianco una yeshiva, che quest'anno offriva tre corsi, un paio su due capitoli di Talmud complicati (uno da Sotah ed un altro da Kiddushin) ed uno sui Salmi. Oltre alle usuali sessioni, sulla solita panoplia di argomenti, dove pure li' il metodo hevruta la faceva da padrone, a meno che non si trattasse di introduzione allo yoga, alla meditazione o all'arte visuale. ecc. ecc.
Mi accorgo di non aver accennato ad un altro elemento di Limmud: e cioe' che ogni sessione dira 75 minuti, e tutte le sezioni iniziano e finiscono nello stesso momento. Quindi chi va a Limmud si trova a dover scegliere fra due o tre o quattro o cinque ecc. ecc. sessioni che si tengono contemporaneamente.
Questo mi ha causato, perlomeno la prima volta, il noto effetto del bambino in una pasticceria, che vorrebbe mangiare TUTTO, e solo con fatica, e un vago senso di frustrazione, sei costretto a fare delle scelte. Se vado alla sessione sulla Modern Orthodoxy in America perdo il colloquio tra giornalista palestinese e suo collega ebreo Tory. Se vado al concerto di Debbie Friedman, perdo la meditazione sui colori. E' come un centro commerciale? O addirittura, direbbe qualcuno obbedendo al solito riflesso condizionato antiamericano, come su Internet? Una immensa vetrina priva di organica autenticita', robba globalizzata sbroc sbroc?
Puo' essere. Ma d'altronde il rapporto con l'ebraismo e' fatto anche di caso. Di avere incontrato quel maestro e non quell'altro. Di stare vicino a quella sinagoga e non a quell'altra. E per cui passa in fretta l'illusione di poter controllare tutto e di poter razionalmente decidere dove andare a sentire chi. All'inizio hai la sensazione di venire soppraffatto da troppa roba, che accade contemporaneamente e che puoi trovare solo in quella parte dell'anno e solamente li'. Dopo un paio di giorni diventi Limmud zombie, che hai ri-incontrato degli amici, avete fatto le ore piccole, hai dormito tre ore e stoicamente hai voluto svegliarti per la sessione delle sette, che era quella meditazione in mezzo ai boschi, e poi hai voluto tornare alla yeshiva ecc. ecc.
Il benedetto, o maledetto, problema delle relazioni con i Reform e' insomma il grande ostacolo che impedisce la realizzazione di Limmud Italia - a mio modestissimo avviso, e dopo qualche breve conversazione. Perche' debba essere un ostacolo e non una opportunita', davvero non riesco a capirlo.
In questo sito trovate, riassunte in maniera schematica, e con una certa bibliografia di supporto, la moltitudine di approcci che i rabbini ortodossi hanno sviluppato nei confronti della comunita' Reform e Massorti, che sono la maggioranza della popolazione ebraica in America, e non solo. In Italia il rabbinato ortodosso ha scelto la strada della chiusura, e secondo me e' una decisione suicida, che -come ha spiegato Shlomo Riskin, in una sessione iper affollata (ed erano le 10.30 PM!)- finisce per levare opportunita' ai rabbini ortodossi stessi.
Due parole sull'Inghilterra, infine. Il Rabbino Capo di Inghilterra e' Jonathan Sacks, che in Italia e' considerato una specie di eroe, e di cui sono poco note, in Italia, alcuni comportamenti non proprio coraggiosissimi (tipo ritirare dal mercato un proprio libro i cui contenuti potevano essere offensivi per dei fanatici).
Una delle critiche che gli vengono rivolte piu' di frequente e' quella di evitare Limmud, che pure ha frequentato quando era ancora un insegnante. Appena nominato Rabbino Capo aveva elencato le sue priorita' con la domanda "avremo nipoti ebrei?" e sottolineando l'importanza dell'educazione. La quantita' di giovani che partecipano a Limmud, facendo anche volontariato, sono una risposta alla sua domanda, e lui lo sa e ne va orgoglioso. Ma continua a starne lontano, per non offendere i settori piu' retrogradi dell'ebraismo inglese ortodosso, che vedono come il fumo negli occhi la possibilita' che una ragazza nata in famiglia ortodossa possa fidanzarsi, e magari sposare, qualcuno con un livello di osservanza minore. O un pedigree meno limpido.
La quale e' esattamente la principale preoccupazione che motiva la avversione dei rabbini ortodossi verso l'esistenza delle Comunita' Reform. Anche in Italia, pare di capire. Comunque l'anno prossimo magari terremo una sessione intitolate "del perche' non si riesce a portare Limmud in Italia". Chissa' che non venga fuori qualche risposta alla domanda di cui sopra.