ויואל משה è il titolo di un testo di halacha scritto dallo Admor (Rabbino capo) del gruppo hassidico Satmar. E' la prima esposizione sistematica dell'opposizione al sionismo da parte del mondo haredi (e non è mica tanto recente, è uscito nel 1961). Potete leggere la voce che gli dedica Wikipedia se avete delle curiosità sulle argomentazioni: sono del tipo che il sionismo è responsabile della Shoà. Il che è orrendo, ma non è tanto diverso da chi argomenta che reazioni antisemite alla politica di Israele sono tutto sommato comprensibili.
Il punto di partenza della argomentazione dello ויואל משה è un passaggio del Cantico dei Cantici, in cui l'amata si impegna ad aspettare che il suo bello si svegli. Un passaggio del Talmud spiega che nella metafora il bello è Dio, e l'amata è ovviamente Israele, il popolo ebraico. E "non svegliare" significherebbe che agli ebrei è proibito immigrare in massa in Terra di Israele - da cui deriverebbero tutte le altre proibizioni, incluso quella di mostrare simpatie per il sionismo, persino parlando l'ebraico moderno. L'argomentazione ha un punto teoretico debolissimo, ovvero che trae delle mitzwot, dei comandamenti, da una parte haggadica (e questo è contrario a ogni regola esegetica). E in ogni caso, la proibizione può essere aggirata immigrando in Terra di Israele in gruppi familiari.
Io però ho una riflessione sul punto di partenza, ovvero la relazione erotica tra ebrei e Terra di Israele, che fa indubbiamente parte del vissuto ebraico contemporaneo. Ricordo di aver letto che negli anni Sessanta, più o meno contemporaneamente all'uscita del commentario di cui sto parlando, un gruppo di sociologi israeliani decise di fare una ricerca sulle motivazioni che spingevano gli ebrei americani a fare alyah. I ricercatori erano colpiti dalla forza delle immagini erotiche con cui i nuovi immigrati descrivevano il Paese. Gli uomini apparivano tutti bellissimi, le donne tutte sensuali: non so se fosse davvero così (mai come nella sessualità la percezione è più forte della realtà) ma quando incrocio gruppi di ragazzi americani del Birthright ho la sensazione che le cose non siano molto cambiate. Come dice mia moglie: si tagliano gli ormoni con il coltello. E poi uno pensa alle pagine finali del Lamento di Portnoy, che attingono anche a questa dimensione sensuale del rapporto tra popolo e terra.
Una dimensione che l'autore del commento cerca ovviamente di rimuovere e che poi riaffiora: lo ויואל משה sceglie di esporre le sue teorie antisioniste a partire da uno dei più bei poemi d'amore della letteratura mondiale, ma scegliendo con cura un verso che parla di rinuncia. E per avere una idea di come è vissuta la sessualità all'interno del gruppo che ha prodotto il volume, consiglio di dare una occhiata a questo articolo in cui si raccontano le vicissitudini di una fuoriuscita dalla setta. Insomma: la teologia, la halachà e lo stile di vita dei Satmar sembrano ispirati ad un assoluto ascetismo, a una etica della rinuncia, che si estende anche alla relazione tra ebrei e terra di Israele. E che, nella storia dell'ebraismo, è qualcosa di assolutamente marginale.
Il punto di partenza della argomentazione dello ויואל משה è un passaggio del Cantico dei Cantici, in cui l'amata si impegna ad aspettare che il suo bello si svegli. Un passaggio del Talmud spiega che nella metafora il bello è Dio, e l'amata è ovviamente Israele, il popolo ebraico. E "non svegliare" significherebbe che agli ebrei è proibito immigrare in massa in Terra di Israele - da cui deriverebbero tutte le altre proibizioni, incluso quella di mostrare simpatie per il sionismo, persino parlando l'ebraico moderno. L'argomentazione ha un punto teoretico debolissimo, ovvero che trae delle mitzwot, dei comandamenti, da una parte haggadica (e questo è contrario a ogni regola esegetica). E in ogni caso, la proibizione può essere aggirata immigrando in Terra di Israele in gruppi familiari.
Io però ho una riflessione sul punto di partenza, ovvero la relazione erotica tra ebrei e Terra di Israele, che fa indubbiamente parte del vissuto ebraico contemporaneo. Ricordo di aver letto che negli anni Sessanta, più o meno contemporaneamente all'uscita del commentario di cui sto parlando, un gruppo di sociologi israeliani decise di fare una ricerca sulle motivazioni che spingevano gli ebrei americani a fare alyah. I ricercatori erano colpiti dalla forza delle immagini erotiche con cui i nuovi immigrati descrivevano il Paese. Gli uomini apparivano tutti bellissimi, le donne tutte sensuali: non so se fosse davvero così (mai come nella sessualità la percezione è più forte della realtà) ma quando incrocio gruppi di ragazzi americani del Birthright ho la sensazione che le cose non siano molto cambiate. Come dice mia moglie: si tagliano gli ormoni con il coltello. E poi uno pensa alle pagine finali del Lamento di Portnoy, che attingono anche a questa dimensione sensuale del rapporto tra popolo e terra.
Una dimensione che l'autore del commento cerca ovviamente di rimuovere e che poi riaffiora: lo ויואל משה sceglie di esporre le sue teorie antisioniste a partire da uno dei più bei poemi d'amore della letteratura mondiale, ma scegliendo con cura un verso che parla di rinuncia. E per avere una idea di come è vissuta la sessualità all'interno del gruppo che ha prodotto il volume, consiglio di dare una occhiata a questo articolo in cui si raccontano le vicissitudini di una fuoriuscita dalla setta. Insomma: la teologia, la halachà e lo stile di vita dei Satmar sembrano ispirati ad un assoluto ascetismo, a una etica della rinuncia, che si estende anche alla relazione tra ebrei e terra di Israele. E che, nella storia dell'ebraismo, è qualcosa di assolutamente marginale.
1 commento:
BE"H
Che mondo triste, quello in cui i giovani ebrei non leggono i libri dei Maestri, probabilmente perché nessuno ha dato loro gli strumenti per farlo. E invece leggono quattro scemenze su Wpedia e ciò sembra loro sufficiente per scrivere una critica completamente strampalata di un testo scritto da qualcuno che (lui invece sì) ha studiato le fonti ebraiche un po' più a fondo.
Io invece ho letto quel libro. Gli argomenti sono ben diversi da quelli citati e sono solidissimi. Non ho ancora trovato un solo oppositore in grado di smontarli, e sono anni che cerco.
Pensaci, la prossima volta. Criticare senza avere la più pallida idea di ciò che si critica è un'attività perlomeno discutibile. E poco soddisfacente...
Posta un commento