sabato 29 gennaio 2011

Non so se Franco si ricordasse di me. Certo io mi ricordo di lui - un signore con lo sguardo da ragazzo, che una sera alla settimana stava accanto a quella che per me era la porta di ingresso, o di uscita, da Milano. Con un gran mazzo di riviste anarchiche, ed una borsa piena di libri. 

Ci eravamo sentiti per telefono anni prima, quando ancora ero liceale e, assieme a qualche coetaneo, volevo sapere qualcosa di piu' sulla storia dell'obiezione di coscienza. Franco Pasello  nel 1976 aveva fatto quasi venti mesi di carcere, tra militare e civile, per non rispondere allo Stato - persino quando gli arrivo' la cartolina di congedo lui la restitui' al mittente. Era il piu' famoso obiettore anarchico d'Italia e qualcuno ci/mi aveva dato il suo numero di telefono.

Dopo anni eravamo li', io ero uno studente universitario, a Milano  infuriavano gli anni Ottanta, e io fatto molte chiaccherate con Franco. Spesso mi portavo a casa quelle riviste  dai titoli roboanti "Volonta'", "Umanita' Nova"... Pagine dove ebreo o israeliano non erano mai sinonimi di oppressore

E anche qualche libro, si'. Memorabile quello su il C.T., quel signore, anarchico anche lui, che aveva riempito Milano di scritte indistruttibili, spiegando che la Chiesa ti uccide con l'onda. Il libro, se vi capita, leggetelo. Nonostante la veste spartana ed autoprodotta, e' uno dei migliori libri di storia del Ventesimo secolo - gli autori si sono messi a ricercare le origini della ossessione di C.T. per le onde assassine ed hanno scoperto una delle prime psicosi di massa del Ventesimo secolo. 

Franco Pasello distribuiva libri e riviste. Di professione panettiere, faceva quello che gli anarchici hanno fatto per un paio di secoli: distribuiva carta stampata, parole, con la convinzione che potesse far saltare per aria il mondo e farlo ripiombare a terra, in una forma piu' giusta. Nella Spagna della Guerra Civile, quando i clerico-fascisti uccidevano ogni traccia di civilta', ed i comunisti ammazzavano il controrivoluzionario Camillo Berneri, gli anarchici insegnavano ai contadini a leggere e scrivere. Perche' la Repubblica potrebbe finire, ma questo restera' con voi per sempre. 

Franco Pasello non mirava a reclutare - non era nemmeno affiliato ad alcuna delle, alquanto litigiose, organizzazioni anarchiche italiane. Conosceva tutti, ed era conosciuto da tutti gli anarchici d'Italia - il primo obiettore totale... e dai loro simpatizzanti di varia gradazione. Tra cui io. Io che, anche quando mi ero ormai trasferito a Milano  mi trovavo ogni tanto a chiaccherare con lui. Gli parlavo dei miei viaggi in Israele. Progettavo un sito web sul C.T. Che non si e' fatto mai. Franco aveva piu' di un dubbio su questa roba chiamata Internet: lui usava ancora la macchina da scrivere.

Anni dopo ho ri-incontrato Franco Pasello. Mentre ci si batteva per i diritti civili dei Sinti e dei Rom, ho fatto qualche amicizia, e guarda un po' cosa si va a scoprire, da anni Franco girava per gli stessi campi in cui giravo io. O quelli vicini, che io visitavo cercando di trovare un via per il diritto all'acqua e all'istruzione, per esempio. E anche quello a non essere cacciati via dal pezzo di terra che hai comprato [questo succedeva, e ancora succede, ai Rom in Italia: alla faccia della proprieta' privata sacra ed inviolabile, alla faccia della Costituzione]. Io stavo cercando di mettere su carta un insieme di storie straordinarie; speravo di scrivere un libro su Zingari italiani e Resistenza al fascismo, non credo ci sia bisogno di spiegare quanto sarebbe stato importante. In una Italia nata dalla Resistenza, in cui sindaci di destra e sinistra operano concordemente sgomberi "dei nomadi". Erano gli anni dell'arrivo dei primi Rom rumeni in Italia, e Franco si stava spendendo, generoso come sempre, per i loro diritti: ospitalita', permessi di soggiorno, cibo, acqua: vita.

Le storie che andavo raccogliendo sono rimaste manoscritte, annotate su tanti quaderni, assieme a impressioni, note, tabu', genealogie, vendette, condanne e assoluzioni.  Franco, mi aveva dato una mano per capirci qualcosa, in quel mondo complicato. E quei quaderni sono rimasti in Italia, accanto al libro sul C.T.

Lo ho saputo solo ora, per caso. Franco Pasello, uomo giusto e generoso, e' morto l'ottobre scorso. Gli anarchici hanno una magniloquente tradizione funeraria, le loro tombe sono spesso monumenti, i funerali un dispiego di canti e bandiere. Franco, individualista come sempre, non ha voluto niente di tutto quello, ma solo che si facesse una festa in suo onore.

E io, per la prima volta, in questi anni, avrei voluto essere in Italia.

venerdì 28 gennaio 2011

"conspired"


A free Palestine was deemed a threat to other repressive states and they all, along with Israel, conspired not to allow it to be born.

Insomma, loro avevano tutte le migliori idee, ed erano i piu' buoni di tutti, ma poi i cattivi si sono uniti e loro hanno perso. I cattivi sarebbero gli arab repressive states ed Israele - che guarda caso sono in guerra da decenni. Ma si alleano contro i buoni.

Invidio gli intellettuali palestinesi. Voglio dire, deve essere un lavoro molto facile, ripetere ogni volta che il resto del mondo e' cattivo e che loro hanno sempre ragione. Deve essere bellissimo vivere in un mondo in cui gli errori li fanno sempre gli altri.

Che, ovviamente, sono sempre cattivi e -ti pareva- cospirano contro di te. Che sei buono. Deve essere una sensazione bellissima, quella di essere sempre e comunque il piu' buono dei buoni, probabilmente ti deriva dall'onore di nascere palestinese. Il nuovo popolo eletto.

lunedì 24 gennaio 2011

E dal Guardian escono i leaks

Avete sentito la notizia?

E dal Guardian escono i leaks
E un po’ di tutto all’occorrenza
Sappiamo bene che per loro
Fare scoop e’ un’esigenza.

È una figuraccia barbina
roba da America Latina
Uno scoop che dava speranza
Uno scoop che ... pazienza!

E la traduzione incontrollata
Lei ci ha fregati di brutto
giornalisti e direttori
Ci siam bevuti di tutto.

E dal Guardian escono i leaks
Per chi li ha visti e per chi non c’era
e per chi quel giorno lì
inseguiva una sua chimera.

Oh, non svegliatevi
oh, non ancora
e non fermateci
no no oh, per favore no.

E dal Guardian escono i leaks
e cambian traccia all'occorrenza
da quando il trasformismo
è diventato un'esigenza.

Li vedrete in uniforme
come da copia conforme
Li vedrete marciare
con icastiche fanfare.

Li vedrete la’ in crociera
la flottiglia e' disarmata
che poi ce l'avrà fatta
ma in Egitto e’ poi sbarcata.

È una figuraccia barbina
roba da America Latina
notiziona, un passaporto!
e loro dietro col fiato corto.

Il leak penetra nei muri
ti fa breccia nella porta
ma in fondo viene a dirti
che la tua anima non è morta.

E non svegliatevi
oh, non ancora
e non fermateci
no no, per favore no.

E dal Guardian escono i leaks
ed è un'eterna partenza
viaggia bene ad onde medie
e a modulazione di frequenza.

È una figuraccia barbina
roba da America Latina
Uno scoop che da’ speranza
Uno scoop che ... pazienza!

E la traduzione incontrollata
Lei ci ha fregati di brutto
reporter e compagni
Ci siam bevuti di tutto.

E dal Guardian escono i leaks
per chi li ha visti e per chi non c'era
e per chi quel giorno lì
inseguiva una sua chimera.

Oh, non svegliatevi
oh, non ancora
e non fermateci
no no no ah, per favore no.

Gerusalemme ed i sogni dei farlocchi

Yaacov Lozowick e' uno storico israeliano, ex direttore degli archivi dello Yad Vashem. Da lungo tempo sostenitore del progetto "due popoli per due Stati", e' anche un attivo oppositore della divisione di Gerusalemme. In questo interessante post elenca i possibili scenari che ne potrebbero risultare. Si va dall'ipotesi piu' ottimista [un trattato di Schengen tra israeliani e palestinesi e la trasformazione dell'intero Medio Oriente in una specie di Unione Europea] a quelli piu' tragici, ed ahime' probabili, che ricordano - quando va bene- Gorizia nel dopoguerra; e quando va male Sarajevo negli anni Novanta.

Con una differenza: quelle due citta', prima di venire divise secondo linee di appartenenza etnica, politica, religiosa..., erano ignote alla popolazione del Pianeta Terra, con la sola esclusione degli abitanti. Mentre Gerusalemme e' nota al mondo intero. Lozowick mostra come la situazione attuale sia di gran lunga la preferibile, e infatti non a caso gli abitanti arabi di Gerusalemme appaiono ben contenti di essere residenti nella capitale di Israele ed hanno da tempo mandato in soffitta i sogni di rivalsa

Lozowick e' abituato a lavorare negli archivi, e siccome e' un tipo preciso, ha pubblicato anche una serie di post che illustrano le difficolta' -per essere generosi- della  progettata divisione di Gerusalemme. Se siete interessati, potete leggere qui una introduzione su come si e' arrivati alle proposte attuali, a partire dalla crescita della citta' nella sua parte ovest (sotto sovranita' israeliana) che data fin dal 1949,  ed e' parallela alla rovina della parte est, che fino al 1967 era sotto sovranita' giordana. Sono anche illustrate le proposte di divisione, e le loro conseguenze, in una serie di quartieri: la Citta' Vecchia, MamillaAbu Tor, fino all'area intorno allo Shepherd Hotel, di cui tanto si e' parlato nei giorni scorsi. Per dirla in tre parole, citando Samuel Goldwyn: e' im-possibile.

Quindi sorge spontanea una domanda: se la divisione della capitale di Israele e' una cavolata, oppure -peggio- un affare pericoloso, come mai cosi' tante persone ritengono sia una condizione imprescindibile per avviare un qualsiasi processo di pace? La domanda e' straordinariamente complessa, e non sperate di trovare da me una risposta.

Uno potrebbe cominciare ad osservare che, ammesso che Gerusalemme abbia uno statuto importante nell'Islam, non e' affatto vero che l'Islam si opponga alla sovranita' ebraica sulla terra di Israele. Ed in effetti i maggiori commentatori del Corano hanno sempre sostenuto il buon diritto degli ebrei di vivere nella loro terra, con una appendice splatter del genere "la hanno persa perche' non sono stati abbastanza sanguinari con i cani infedeli che gliela volevano togliere". Il piu' importante commentatore del Corano, al Tabari, ritiene che la terra assegnata da Allah al popolo ebraico comprenda non solo Gerusalemme, ma pure Danasco. Purtroppo i commentari del Corano, solitamente stampati accanto al testo sacro, sono molto grammaticalmente sofisticati, e poso si adattano a chi vuole fare dell'Islam una religione politica e meno ancora a chi ha poca consuetudine con l'arabo del Corano.

Quindi quella che era la posizione maggioritaria nel mondo islamico, oggi e' praticamente scomparsa, sostituita dalla manfrina secondo cui Gerusalemme e' la terza citta' santa dell'Islam e l'esistenza dello Stato di Israele sul sacro suolo arabo e' una offesa che i devoti musulmani devono lavare con il sangue. La quale e' una posizione comune ma molto recente che si e' fatta strada nelle istituzioni religiose islamiche piu' o meno nell'epoca di Nasser e cominciando dall'Egitto. Alla faccia della millenaria tradizione. Sarete mica sorpresi dallo scoprire che i fascisti arabi, proprio come i fascisti italiani, cercano di fare della religione uno strumento di governo, vero? Nasser ha fatto esattamente questo, con la differenza che le accademie islamiche egiziane sono quelle a cui guardano tutti i religiosi islamici sunniti.

Ripeto la domanda: se Gerusalemme non e' cosi' importante per i devoti musulmani, e se i locali residenti arabi, passato qualche anno di incazzatura, si sono fatti una ragione e convivono tranquillamente con i loro concittadini ebrei, dove sta il problema? Perche' persone che a Gerusalemme non vivono, e il piu' delle volte manco la hanno visitata, continuano a parlare della imprescindibile necessita' di dividerla, dell'urgenza di ridimensionare le pretese ebraiche e via di sbroc sbroc fino a raggiungere la pace nel mondo, che sicuramente arrivera' non appena gli ebrei avranno trangugiato qualche altra umiliazione?

E io vi ripeto che una risposta non ce la ho. Pero' tutti sanno che "internazionalizzare Gerusalemme" e' il mantra preferito dal Vaticano, che non riesce a mettere d'accordo la propria componente filo-israeliana, con la propria componente filo-palestinese. Lo sapete che a Gerusalemme ci sono due ospedali francescani, ambedue francesi, e che uno ha un numero di telefono ex giordano, adesso palestinese, e quell'altro ne ha uno israeliano? Per dirvi il casino. Internazionalizzazione e' per il Vaticano un comodo modo di lavarsi le mani del casino interno, che riguarda una citta' in cui, da almeno tre secoli, ogni variante del cristianesimo, dai copti ai mormoni, si sente in dovere di investire in strutture alberghiere per ospitare il clero in formazione, i pellegrini e (da un paio di decenni) pure turisti.

Quindi non vi stupirete nello scoprire che la maggiore proprietaria terriera a Gerusalemme e' la Chiesa greca ortodossa, i cui membri non sono proprio molto felici del radicalismo islamico che cresce dalle loro parti - cercavate una ragione dell'avvicinamento della Grecia ad Israele, che inspiegabilmente sta mandando la Turchia a fare in cuffio? Eccola che la avete.

Il mantra vaticano della internazionalizzazione puo' essere probabilmente dovuto a posizioni teologiche; dopotutto la rovina di Gerusalemme, la distruzione del Tempio e la cacciata degli ebrei da quella citta', sono state lette per secoli come la prova provata della verita' del cristianesimo e dell'errore degli ebrei, che non avevano riconosciuto il vero messia. O forse c'entra un certo passato clerico-fascista, quando la Civilta' Cattolica raccomandava a Mussolini la "segregazione" degli ebrei e una generazione di giovani intellettuali fascisti come Amintore Fanfani o Gabriele De Rosa vagheggiava "la rivicita di Ario" contro protestanti ed ebrei che avevano divorato lo spirito delle nazioni europee. Quella generazione di intellettuali sarebbe poi passata, qualche decennio dopo,  a ostenere posizioni terzomondiste all'interno della DC, e a manifestare quindi simpatie per i nazionalisti arabi. Il tanfo della loro eredita' e' ancora in giro, come si rende conto chiunque apra uno qualsiasi dei blog sbroccotronici, che sono tutti laici e atei ed anticlericali, ma hanno sempre, da qualche parte, il loro bravo "prete in periferia che va avanti nonoffftante il Vaticano" come cantava Jovannotti.

Ci saranno quindi pregiudizi religiosi, alla radice della diffusione della bufala internazionalizzante. Non ne sono cosi' sicuro, perche' ho perso il contatto con il mondo cattolico italiano. Nei Paesi in cui ho vissuto ultimamente, se il Pontefice dichiara che la pace e' meglio della guerra, non ha tutto lo spazio che ha nelle TV italiane. Fa notizia anzi poche volte e quando dice scempiaggini sul preservativo o la pedofilia ,gli editorialisti dei principali quotidiani concordano nel dire che si tratta, appunto, di scempiaggini. Quando incrocio su YouTube la Litizzetto con i suoi Emineenz non la trovo (piu') dissacrante e sbadiglio. Davvero, sto lontano; non ho i titoli per pronunciarmi su quel che succede nel mondo cattolico in Italia. 

Pero' posso parlare del mondo ebraico. E la leggenda secondo cui dalla divisione di Gerusalemme scendera' necessariamente la pace, e' diffusa anche all'interno del mondo ebraico, nella sezione farlocchi -  che e' ahime' molto presente nel web e veste i panni della ragionevolezza. Lasciamo perdere in che modo veste quei panni - solitamente prendendo di mira qualcuno ed accusandolo di essere un pericoloso estremista. E' il classico stratagemma retorico dei pacifisti, che si autodefiniscono tali, accusando implicitamente il resto del mondo di essere guerrafondai.

Abuso ancora della pazienza dei lettori, ma questa bega interna al mondo ebraico ha delle radici storiche - per quanto stravolte dalle chiacchere del web. Risaliamo agli anni Venti, gli anni in cui il nazionalismo palestinese prendeva forma e gli ebrei che vivevano in Terra di Israele venivano massacrati. I britannici stavano a guardare, indecisi se prendere le parti degli ebrei (a cui avevano promesso uno Stato in una area comprendente Israele e la attuale Giordania) o degli sceicchi arabi, con cui il Foreign Office stava intrecciando relazioni. Se vi state chiedendo come mai gli ebrei non rispondevano ai massacri la risposta e' havlagah, contenimento. Cercando di mantenere in vigore le buone relazioni con gli inglesi, tutte le organizzazioni di autodifesa ebraiche si attenevano alla linea di non-intervento, tant'e' vero che i primi attentati ebraici di difesa, quando iniziarono, erano scandalosamente naive. 

Vedi per esempio, Shlomo ben Yossef; un  ragazzo che non riusciva nemmeno a maneggiare un fucile e che improvviso' una imboscata contro una pattuglia araba armata, che da mesi faceva il tiro al bersaglio sui passanti che si dirigevano all'ospedale ebraico. Sbaglio' la mira, gli inglesi lo catturarono e lo mandarono sulla forca, dopo averlo riempito di botte con la espressa intenzione di renderloirriconoscibile "persino per quella cagna di sua madre".  Un  trattamento che non riservavano ai prigionieri arabi. Tutto questo, nel 1938. 

Ma facciamo un passo indietro: agosto 1929. Il nazionalismo arabo consiste essenzialmente in gruppi che si rifanno a due clan, i Nashashibi e gli Husseini, in feroce lotta tra di loro. Il piu' cinico, e fanatico, degli Husseini, e' riuscito a farsi nominare massima autorita' religiosa islamica (Mufti) ed e' inferocito con le idee socialiste che entrano nel suo feudo, portate da questi europei le cui donne sono un attentato alla moralita'. Pensate che questi ebrei stanno introducendo il pericoloso principio secondo cui tutti devono avere accesso all'acqua. Se facciamo cosi' avremo presto un Parlamento, e saranno cazzi per tutti. Nel 1921 c'e' gia' stata una ondata di violenze contro la popolazione ebraica, in coincidenza con una importante festivita' musulmana locale, e in presenza di decine di migliaia di pellegrini (armati, viaggiare da quelle parti era una roba pericolosa). 

Nel 1929 un gruppo di intellettuali ebrei nazionalisti decide che ne ha le tasche piene, e organizza una manifestazione al Kotel, il Muro del Pianto, il luogo piu' sacro dell'ebraismo. Perche' una manifestazione? Perche' i britannici erano in preda a paturnie filoarabe e cercavano di placare quell'esaltato di Husseyni. Il quale era in fregola filo-fascista, e gli inglesi non riuscivano a capacitarsi di quali fossero i piani di Mussolini per quanto riguarda il Mediterraneo o l'Africa, che reputavano roba loro.  Quindi, e giusto per non sbagliare, gli inglesi decidono di vietare agli ebrei l'accesso al Muro; proprio nella giornata piu' sacra del calendario ebraico.
Il gruppo di intellettuali nazionalisti di cui sopra, a cui della religione probabilmente importava poco, ma moltissimo della autodifesa e della dignita', organizza una manifestazione al Muro, con dispiego di bandiere e (per la prima volta nella storia) inno sionista, che adesso e' l'inno nazionale di Israele. Un gruppo di scapestrati ed incoscienti? Forse - ma il fatto e' che a seguirli, in quella sfida al potere coloniale britannico, furono davvero in tanti, delle piu' disparate appartenenze politiche, dai sionisti socialisti o comunisti, fino ai liberali, con la generosa partecipazione di religiosi, atei, mistici ed umanisti.

Ora dovete capire che siamo di fronte a un peccato mortale. Abbiamo cioe' il famoso popolo che segue dei leader, i quali non hanno la approvazione del Partito. Anzi, a livello personale, quel terzetto di intellettuali (che si autodefinivano i Brit ha Biryonim) erano anche piuttosto incazzati con le organizzazioni socialiste, e vagheggiavano una Camera delle Corporazioni, quando lo Stato ancora non c'era.

Fast forward all'epoca contemporanea, dopo il fallimento degli accordi di Oslo - quando gli israeliani si aspettavano pace in cambio di terra e da parte palestinese sono solo cresciuti gli attentati. Salta fuori Clinton, con una proposta di divisione di Gerusalemme. Mettetevi nei panni del farlocco ebreo italiano, con i suoi problemi di appartenenza, che se sono troppo ebreo e troppo sionista poi nel Partito non mi vogliono. E che io faccio molto per il popolo di Israele, combatto l'antisemitismo in rete, guarda che lista di amici facebook che ho, sono tutti nazi e qualche compagno, cosa credi tu, ci parlo e ci dialogo tutti i giorni. Ecc. ecc. 

Gerusalemme, per questo farlocco che non ci ha mai abitato, e' un conto in sospeso che va regolato. Richiama alla mente quel lontano peccato mortale, una insurrezione non solo contro gli inglesi, ma anche contro la dirigenza sionista che continuava a predicare il contenimento. Cercando di proporsi al pubblico non ebraico come voce della moderazione e della ragionevolezza, il farlocco ha bisogno di identificare dei fanatici da cui differenziarsi e da condannare. E quella citta', in cui gli ebrei sono maggioranza, e' troppo ebraica, e' la prova di quanto puo' essere ricca e vitale, persino sfacciata,  una identita' ebraica non diluita e non tormentata, come quella che il farlocco considera affascinante. 

Bisogna liberarsi di quel troppo ebraismo. Bene che vada si puo' tenere  un (chiamiamolo come va chiamato) ghetto di pittoreschi ultra-osservanti, che vestono come nella Polonia del Settecento e fanno tanto libro Adelphi, o nonno-di-Woody-Allen. Cosi' poetici, come un quadro di Chagall, con la loro erudizione (da cui il farlocco si tiene lontano) ed il loro stile di vita fuori dal tempo. Ma essere ebrei in questo tempo, ma che, scherziamo? Roba troppo complicata, e difficile, e poi perderei le mie importanti amicizie dentro il Partito, si solleverebbe il sospetto di sionismo - che e' una ideologia cosi' sorpassata... Il mio ebraismo e' soprattutto la Memoria dello Sterminio (maiuscolo! maiuscolo!) e l'impegno affinche' non si ripeta la Shoa contro i musulmani (mai un pensiero per gli immigratici cinesi o polacchi, vai un po' a sapere come mai). Ben venga quindi l'idea di dividere quella citta'. Che tanto io sto a Roma/Milano/Torino ecc.

Ma solo l'idea pero'. Seguite i link che vi ho segnalato all'inizio di questo mio kilometrico post. Ricordatevi che l'autore del blog non e' certo un guerrafondaio ed e' uno storico, che conosce la Shoah per aver diretto l'archivio dello Yad Vashem. Insomma qualcuno molto piu' vicino alla Memoria, di quanto lo siano i farlocchi che scorazzano nella italica bloggosfera alla ricerca di propalestinesi con cui intavolare dialoghi. Ecco, provate a far leggere i post a qualche farlocco. E poi sappiatemi dire se conserva ancora il suo sogno, piu' vaticano che ebraico, di internazionalizzare.

sabato 22 gennaio 2011

orizzonti dell'antropologia

In dicembre, alla London School of Economics, Abd al-Bari Atwan ha tenuto una conferenza. Bari Atwan e' uno che ci tiene a far sapere che ballera' di gioia in giorno in cui missili iraniani colpiranno Tel Aviv, che ritiene giustificato il massacro della Mercaz haRav Yeshiva e secondo cui in Israele esiste l'apartheid. La soluzione del problema? Ridurre gli ebrei a minoranza e vivere in armonia, una volta che sia chiaro chi comanda.

Questo bel tipo, dunque, e' stato invitato dalla associazione degli studenti palestinesi a tenere una conferenza alla London School of Economics. E si e' scatenato, urlando contro tutto cio' che di sionista e di ebraico c'era nei paraggi - trenta studenti ebrei sono usciti scandalizzati, e la polizia sta indagando.

I locali supporter della soluzione finale, insomma i pacifici e concilianti antisionisti hanno pensato a questo punto di fare un passo avanti, e hanno organizzato un dibattito sulla opportunita' di boicottare Israele. La locale associazione degli studenti israeliani ha trovato interessante l'idea e cosi' si e' organizzato un dibattito in stile britannico. C'era una mozione a favore del boicottaggio, presentata da un esponente dei proPalestinesi (che di lavoro fa lo storico, e sarebbe un esperto di immigrazione degli sciiti in Siria). Gli argomenti contro la mozione erano portati da un docente di oncologia. A moderare il dibattito c'era uno studioso di letteratura greca moderna, molto attento a dare ad ambedue i contendenti lo stesso numero di minuti.

E quando si e' votato gli antisemiti i filoPalestinesi hanno fatto la figura dei pifferi di montagna. Una solida maggioranza ha respinto questa riedizione delle politiche degli anni Trenta, truccata (e capirai che novita') da lotta contro il colonialismo. Fin qui il retroterra.

Mentre la folla si avviava educatamente verso l'uscita, un giurista (che non e' ebreo, e che era comunque contro il boicottaggio) ha avvicinato una antropologa, che sarebbe una di quelle molto attive nel chiedere che tutti gli ebrei vengano espulsi dalla vita accademica il boicottaggio di Israele e ha cercato di attaccare bottone, come si fa tra persone educate di differente opinione, dicendo che la conduzione del dibattito era stata "fair".

Ed ecco cosa e' successo [ringrazio bastaconladroga che mi ha segnalato il video]


La antropologa si e' inalberata, gli ha sbraitato addosso che lo avrebbe preso a schiaffi se solo provava a rivolgerle la parola un'altra volta, e lo ha accusato, nientemeno, e di fronte ai colleghi, di "professional defamation". L'illustre professoressa che aspira ad universita' libere da ebrei eticamente corrette, stava evidentemente, come si dice in italiano, rosicando come una mandria di castori. Succede agli Opliti del Bene dopo l'amaro impatto con la realta'.

Il commento del malcapitato e' stato del tipo: "Amvedi, adesso capisco come se la passano gli ebrei, quando a che fare con questi esaltati". La schizzata preclara antropologa invece ha dichiarato di essere stata vittima di una aggressione maschilista. Per la precisione lei "felt considerably harassed by what I perceived as organised male aggression". Lo potete leggere qui. Non-mi-invento-un-ca@@o, come si dice tra sturmundranghi.

La chiarissima professoressa deve avere qualche problema con quello che lei perceived,  evidentemente. E davvero, qualcuno mi dovrebbe spiegare che piffero c'entra in questa storia il fatto che il giurista fosse un maschio, e magari c'era una intesa tra maschi contro la signora antropologa ed i palestinesi - pure il moderatore del dibattito era un maschio e anche quello che sosteneva le ragioni di Israele. But, wait a minute, era una maschio anche il proPalestinese. 

Uhm, questa e' una cosa sospetta, decisamente da indagare. C'e' qualche antropologo che vuole chiedere la tesi alla signora?

mercoledì 5 gennaio 2011

Limmud

Ho letto sul blog di Uriel una serie di post interessanti a proposito delle trasformazioni del commercio in Italia - la scomparsa, o crisi, dei negozietti, la crescita dei centri commerciali ecc. ecc. No, non voglio parlare di questo argomento, ma solo avanzare un paio di riflessioni su quella esperienza esaltante dell'ebraismo europeo, che si chiama Limmud, e che e' presente in tutti i Paesi del mondo, o quasi - Italia esclusa. Quindi questo post e' indirizzato ai lettori ebrei, sperando di non annoiare gli altri.

Come mai la Comunita'-piu'-antica-della-Diaspora e' priva di questa esperienza? In tre o quattro (tanti erano gli italiani presenti) ci siamo fatti questa domanda. Ed e' chiaro che non si tratta di un problema di soldi: Limmud costa poco, e' basato sul volontariato, i prestigiosi relatori, intellettuali, artisti ecc. ecc. che vi partecipano (nei link c'e' un elenco parziale relativo a quest'anno) non vengono retribuiti in nessun modo, se non per qualche striminzito spazio espositivo. Perche' lo fanno, allora?

Per ragioni di mercato. So che e' una metafora poco rispettosa, ma e' ispirata a un insegnamento del Rabbino Di Segni - purtroppo non riesco a ritrovarlo on line- che paragonava la situazione americana a quella italiana. Negli USA, diceva il Di Segni strizzando l'occhio al sempiterno antiamericanismo, se non ti piace la tale sinagoga o il tale rabbino, puoi agevolmente sceglierne un'altra, mentre in Italia si e' piu' o meno costretti a stare dove si sta. E' il mercato che regna in USA, diceva Di Segni. E io ricordo di aver pensato - "mentre in Italia il settore tira avanti grazie a un monopolio garantito dallo Stato".

Perche' in effetti Limmud ha diverse caratteristiche in comune con i centri commerciali. Si tengono diversi servizi, in contemporanea - Reform, Masorti, Ortodosso. Ognuno potrebbe essere paragonato ad una vetrina del proprio movimento, ed in effetti persone che non sono mai entrate in una sinagoga (poniamo) Masorti, hanno la opportunita' di dire la tefilla' in questo inusitato (per loro) modo; e vedere come e'. Dopo aver incontrato il tale autore ti verra' voglia, magari, di leggere il suo libro. O di iscriverti a corsi e seminari che tiene qui o li'. Per non parlare delle organizzazioni piu' strettamente politiche o di volontariato, che presentano le proprie attivita' ed arrivano con le brochures ed i volantini.

I centri commerciali sono delle specie di bolle spazio-temporali avulsi dal contesto circostante? Limmud, con il suo ritmo intenso e lo spazio che occupa (un campus universitario, per una settimana) e' una bolla, in cui tempo e spazio della presenza ebraica sono diversi rispetto a quelli della citta' circostante. Io, per esempio, in una giornata tipo, studiavo nella yeshiva tre ore al mattino, e dopo pranzo riuscivo a seguire tre lezioni, o incontri, e a sera decidevo tra un concerto e un film, per poi andare a una lezione notturna e rientrare in camera piu' o meno alle undici. C'erano altri concerti ed altra roba che andava avanti fino all'una e mezza, e poi comunque la lounge rimaneva aperta, e si sono tenute jam session memorabili. Posso permettermi questi ritmi fuori da Limmud? No. Perche' a Limmud lo potevo fare? Perche', proprio come nei centri commerciali piu' competitivi, c'era  il servizio di baby sitting, fino alle undici e trenta. Gratis, e offerto da volontari.

Quindi si', rav Di Segni, questo e' il mercato, e fornisce servizi che non si possono trovare nella bottega tradizionale, nel negozietto della presenza ebraica italiana. Perche' codesta e' organizzata tramite una, ed una solamente, comunita'-radicata-nel-territorio, il cui mercato e' assicurato dal monopolio statale. Invece a Limmud accorrono frotte di studiosi e intellettuali e rabbanim e insegnanti e artisti e di pubblico (2400 persone, l'ultima edizione), tutti quanti ebrei, ovvero potenzialmente interessati a diventare clienti della stessa merce che vendono i rabbini. E qualcuno di loro, anche rabbini: gente del calibro di Francis Nataf e Shlomo Riskin, per rimanere nell'ortodossia. Che quella merce, diciamo cosi', vendono. Pare irrispettoso il paragone? Allora diciamo che sono piu' di duemila persone, disposte, anche di questi tempi, a pagare qualche centinaio di sterline per passare la settimana compresa tra 24  e 30 dicembre in un posto in cui si studiano testi ebraici, si vedono film di argomento ebraico, ci sono mostre di arte ebraica e particolarmente si shmoozeggia (=cazzeggio tra ebrei, diciamo) in maniera intensiva. Ho rivisto piu' o meno una quindicina di persone che credevo di aver perso di vista.

C'era qualcuno con il corredo genetico non a posto? Probabilmente si', visto che tra i relatori c'erano anche delle teologhe musulmane e qualche pastore evangelico, un giornalista palestinese e quel pescecane di Jhon Ging, il direttore della UNRWA per Gaza. Tutti venivano per tenere delle sessioni perche' pensavano di avere qualcosa da dire ad un pubblico ebraico. E cosi' e' stato. Io avevo qualche riserva quanto all'aver invitato Ging, ma il pubblico ha apprezzato, e quel bugiardo professionista, terreo in viso, con lo sguardo che cercava di evitare quello degli interlocutori, ha balbettato per la prima volta che lui e' contrario al boicottaggio economico di Israele. Un punto segnato a favore di Israele, in my opinion.

Chi paga tutto questo? Come detto sopra, scordatevi gli stipendi. Ma comunque delle spese ci sono, ed esistono in UK un paio di fondazioni Limmud che si occupano di sostenerle, insieme alle organizzazioni ebraiche locali. E qui, probabilmente, c'e' il vero problema per l'Italia. Perche' un ipotetico Limmud Italia, obbligherebbe l'UCEI a collaborare con realta' ebraiche che non sono ortodosse. Questo e' lo statuto di Limmud: non sono permesse discriminazioni, altrimenti vi scordate il supporto economico e l'uso del marchio. E sai che rischio, quello della collaborazione.

Tanto per chiarire: a Limmud UK lo spazio pubblico e' ortodosso. C'e' l'eruv per Shabbat, il cibo e' solo kasher (e di buona qualita', ultimamente), negli spazi comuni, di Shabbat, non si possono usare strumenti musicali e anche le toilettes sono rabbinicamente controllate: nessuna luce elettrica, carta gia' pronta prima di Shabbat. Questo perche', in linea con una tradizione ebraica millenaria, gli organizzatori sono stati capaci di trovare un compromesso - nello spazio pubblico si cerca di rispettare tutti, nello spazio privato uno fa quel che vuole. Che e' poi la regola in diverse istituzioni ebraiche italiane, case di riposo, per esempio. Ma tutti hanno diritto di parola. E questo credo sia un problema, in Italia.

Quando ci si iscrive a Limmud, puoi barrare la casellina in cui dici che vuoi tenere delle sessioni - e poi spieghi che sessioni vuoi tenere. Molto probabilmente la tua sessione verra' accettata, e potrai insegnare il tuo argomento preferito. Non ti ci sta in una sessione? Ne puoi fare due o anche tre. Di nuovo, date una occhiata al sito per avere una idea della incredibile varieta' di argomenti. Introduzione alla calligrafia ebraica, discussione su A Serious Man, film dei fratelli Coen, discussione su Pastorale Americana, il libro di Philip Roth, conferenza sulle influenze kabalistiche in Bob Dylan, sessione su kasherut e etica, studio di testi sui due matrimoni di Jakoov, come proteggere i vostri figli dalla pornografia via internet, Ho conosciuto Bono Vox e Desmond Tutu e sono ancora vivo, Come il governo inglese ci sta tirando fuori di testa, Vi spiego le fonti di Martin Buber, Cosa si aspettano i teen agers ecc. ecc. E siamo solo al primo paio di giorni e c'e' un sacco di altra roba.

Perche' tutto questo dovrebbe essere un problema in Italia? chiederete voi. La risposta la trovate prevalentemente al mattino, nel metodo di studio che si usa nel Limmud Beit Midrash e che e' poi anche dilagato in altre sessioni. E che si chiama hevruta. So che non e' molto popolare in Italia, e per cui lo trovate riassunto qua, non casualmente in un sito web disegnato e gestito da donne.  In breve il testo e' tolto agli esperti (clero) e dato al pubblico. Certo, per secoli nel mondo ebraico si e' studiato in questo modo, ed ancora si studia cosi', indipendentemente dal formarsi di  una casta rabbinica professionale, che in qualche caso  tutela il proprio accesso al testo rendendolo inaccessibile (nei Paesi cattolici, guarda che strano esempio di assimilazione). O disseminando lungo la strada degli ostacoli del genere: Ne sai ancora troppo poco per capire. In certi circoli, perlomeno quelli che venti anni fa ho frequentato in Italia, il "ne sai troppo poco" significava "non sei ancora abbastanza ortodosso od osservante".

Immaginatevi le seguenti due scene. La prima, quella che era familiare a me in Italia, consiste nel rabbino che apre il volume di Talmud, legge, traduce, chiede se ci sono domande, risponde a qualche domanda, magari c'e' un breve dibattito, l'ultima parola spetta a lui o ai soliti noti osservanti, e si passa alla frase successiva. Il rabbino, e solo lui, ha accesso ai commenti che sono stampati attorno al testo, da Rashi in poi, e solo lui sa quale pescare e dove. La seconda scena, invece, e' hevruta. E cioe' il rabbino, o chi per lui, fa una breve introduzione al testo. Tu ti trovi con il tuo compagno di studi, vi scornate con reciproche interpretazioni, e dopo un'ora, ci si ritrova intorno allo stesso tavolo ed il rabbino, o chi per lui, chiede: Cosa abbiamo imparato? Limmud ha portato questo metodo fuori dalle scuole rabbiniche, dove si e' usato per secoli, e lo ha applicato a una moltitudine di testi, dalla Bibbia, alla letteratura rabbinica, fino ai racconti di scrittori ebrei o testi di canzoni pop israeliane. 

Sento gia' un brivido di terrore scorrere tra i lettori italiani. Ma allora a cosa serve un rabbino, se tutti possono studiare? [Paura, vero? Ah, questi riformati, che non solo aboliscono la kasherut, e un altro campo professionale che viene a sparire... Tralascio questa ultima solenne scemenza - i soliti noti cercano di diffondere in maniera coordinata quanto la Armata Brancaleone: vedi qui e qui]. La risposta non e' difficile, dal momento che la letteratura rabbinica e' sconfinata, un rabbino dovrebbe piu' o meno essere capace di identificare i testi che piu' hanno da insegnare. Dal momento che nell'ebraismo dovrebbero parlare i testi, e non sacerdoti/sapienti che ti fanno cadere dall'alto la loro, appunto, sapienza. 

A fare crescere la popolarita' di questo metodo di studio, che ha poco di gerarchico e niente di inizaitico (contrariamente ad altri tipi di approccio ai testi sacri) ci sono diversi fattori, e io credo che non poca parte la abbiano avuta forum, blog, e newsgroup, insomma tutti quei luoghi della rete in cui si comunica appunto tra pari, la quantita' di discorsi legittimi e' inedita, e non esistono molti dei limiti di cui soffrono altre forme di comunicazione. Che e' un po' simile all'impatto dello E commerce sul commercio tradizionale, quello centrato attorno alla bottega. E che in Italia, dice Uriel, e' impopolare, visto -tra l'altro- la rendita di posizione di cui godono i commercianti.

Qui, per riprendere la metafora, Limmud e' parecchio diverso da un centro commerciale, dove uno accede ai beni a seconda di quanto puo' spendere. Invece a Limmud tutti possono studiare quel certo insieme di testi, raggruppati dagli organizzatori. Oppure, se non vanno quei testi, c'e' di fianco una yeshiva, che quest'anno offriva tre corsi, un paio su due capitoli di Talmud complicati (uno da Sotah ed un altro da Kiddushin) ed uno sui Salmi. Oltre alle usuali sessioni, sulla solita panoplia di argomenti, dove pure li' il metodo hevruta la faceva da padrone, a meno che non si trattasse di introduzione allo yoga, alla meditazione o all'arte visuale. ecc. ecc.

Mi accorgo di non aver accennato ad un altro elemento di Limmud: e cioe' che ogni sessione dira 75 minuti, e tutte le sezioni iniziano e finiscono nello stesso momento. Quindi chi va a Limmud si trova a dover scegliere fra due o tre o quattro o cinque ecc. ecc. sessioni che si tengono contemporaneamente

Questo mi ha causato, perlomeno la prima volta, il noto effetto del bambino in una pasticceria, che vorrebbe mangiare TUTTO, e solo con fatica, e un vago senso di frustrazione, sei costretto a fare delle scelte. Se vado alla sessione sulla Modern Orthodoxy in America perdo il colloquio tra giornalista palestinese e suo collega ebreo Tory. Se vado al concerto di Debbie Friedman, perdo la meditazione sui colori. E' come un centro commerciale? O addirittura, direbbe qualcuno obbedendo al solito riflesso condizionato antiamericano, come su Internet? Una immensa vetrina priva di organica autenticita', robba globalizzata sbroc sbroc? 

Puo' essere. Ma d'altronde il rapporto con l'ebraismo e' fatto anche di caso. Di avere incontrato quel maestro e non quell'altro. Di stare vicino a quella sinagoga e non a quell'altra. E per cui passa in fretta l'illusione di poter controllare tutto e di poter razionalmente decidere dove andare a sentire chi. All'inizio hai la sensazione di venire soppraffatto da troppa roba, che accade contemporaneamente e che puoi trovare solo in quella parte dell'anno e solamente li'. Dopo un paio di giorni diventi Limmud zombie, che hai ri-incontrato degli amici, avete fatto le ore piccole, hai dormito tre ore e stoicamente hai voluto svegliarti per la sessione delle sette, che era quella meditazione in mezzo ai boschi, e poi hai voluto tornare alla yeshiva ecc. ecc.

Il benedetto, o maledetto, problema delle relazioni con i Reform e' insomma il grande ostacolo che impedisce la realizzazione di Limmud Italia - a mio modestissimo avviso, e dopo qualche breve conversazione. Perche' debba essere un ostacolo e non una opportunita', davvero non riesco a capirlo. In questo sito trovate, riassunte in maniera schematica, e con una certa bibliografia di supporto, la moltitudine di approcci che i rabbini ortodossi hanno sviluppato nei confronti della comunita' Reform e Massorti, che sono la maggioranza della popolazione ebraica in America, e non solo. In Italia il rabbinato ortodosso ha scelto la strada della chiusura, e secondo me e' una decisione suicida, che -come ha spiegato Shlomo Riskin, in una sessione iper affollata (ed erano le 10.30 PM!)- finisce per levare opportunita' ai rabbini ortodossi stessi.

Due parole sull'Inghilterra, infine. Il Rabbino Capo di Inghilterra e' Jonathan Sacks, che in Italia e' considerato una specie di eroe, e di cui sono poco note, in Italia, alcuni comportamenti non proprio coraggiosissimi (tipo ritirare  dal mercato un proprio libro i cui contenuti potevano essere offensivi per dei fanatici). Una delle critiche che gli vengono rivolte piu' di frequente e' quella di evitare Limmud, che pure ha frequentato quando era ancora un insegnante. Appena nominato Rabbino Capo aveva elencato le sue priorita' con la domanda "avremo nipoti ebrei?" e sottolineando l'importanza dell'educazione. La quantita' di giovani che partecipano a Limmud, facendo anche volontariato, sono una risposta alla sua domanda, e lui lo sa e ne va orgoglioso. Ma continua a starne lontano, per non offendere i settori piu' retrogradi dell'ebraismo inglese ortodosso, che vedono come il fumo negli occhi la possibilita' che una ragazza nata in famiglia ortodossa possa fidanzarsi, e magari sposare, qualcuno con un livello di osservanza minore. O un pedigree meno limpido. 

La quale e' esattamente la principale preoccupazione che motiva la avversione dei rabbini ortodossi verso l'esistenza delle Comunita' Reform. Anche in Italia, pare di capire. Comunque l'anno prossimo magari terremo una sessione intitolate "del perche' non si riesce a portare Limmud in Italia". Chissa' che non venga fuori qualche risposta alla domanda di cui sopra.

lunedì 3 gennaio 2011

A Bi'ilin, un villaggio della Cisgiordiania, ogni venerdi' pomeriggio, si tengono manifestazioni contro la barriera di sicurezza. Ci sono scontri con la polizia, e questa volta ci e' scappato il morto. Comunque la si metta, e' una tragedia. E non avrei nemmeno voglia di scriverne, ma vedo che in giro c'e' una gran voglia di correre alle conclusioni. Invece, come in un prevedibile e scontato romanzo giallo, questa morte e' piuttosto strana.

I primi che non ne vogliono sapere di piu' sono gli stessi palestinesi, che hanno rifiutato di stabilire una commissione di inchiesta congiunta con la polizia israeliana. Pero' un certo Jonathan Pollak, portavoce del Popular Struggle Coordination Committee (mica fragole, eh), ha accesso a quegli stessi documenti medici che sono negati alla polizia israeliana IDF. E secondo lui la manifestazione era pacifica. Questa manifestazione, voglio dire:


Ammesso poi che Rahma ci sia stata, a quella manifestazione. Un suo parente, qui, dice che Rahna  avrebbe inalato il gas a 500 metri di distanza dai candelotti. Fonti palestinesi dicono che sarebbe stata portata in ospedale in condizioni di incoscienza. Se Rahma e' la persona che vedete caricata in ambulaza qui, nel video,  ecco, direi che proprio incosciente non sembra.

Ah, nelle settimane scorse, un tale, appartenente al clan del marito di Rahma, aveva minacciato di accoltellarla - punizione riservata alle  adultere- perche' (secondo lui) Rahma era incinta ed il padre non era il marito. Tu guarda che strano, sono sempre adultere quelle che vanno a morire. Deve essere una tradizione palestinese. Ma chissa' se era davvero adultera la povera Rahma. Non lo sapremo mai, perche' e' morta - di leucemia, per l'esattezza. Era entrata in ospedale dieci giorni prima della manifestazione.